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LA PELLE CHE ABITO regia di Pedro Almodovar

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     8½ / 10  20/10/2011 00:50:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E Almodovar torna alle atmosfere noir degli esordi inventandosi un nuovo genere: il bioethical-thriller melò!
Cupissimo e senza scampo (come sempre quando il regista si occupa di storie con protagonisti maschili), costruisce un melodramma a incastri zeppo di eccessi e di colpi di scena che si risolvono in un finale quantomeno aperto e problematico.
Se tra i temi trattati dal film c'è senz'altro la vendetta, la pazzia e l'inquietudine per una scienza percepita come invasiva e devastante, il vero punto di forza del film sta nella riflessione intensa che suggerisce sull'immagine di sé. Tutti i personaggi sono in qualche modo ossessionati dalla propria immagine fino a diventarne vittime, ma la vera mostruosità sta nel volerla cambiare senza il proprio consenso.
E qui mi sono venuti in mente i racconti di vita reale che alcune amiche transessuali (o cambiate definitivamente di sesso) mi hanno fatto: Almodovar sembra descrivere esattamente quei drammi, quei disagi, quelle delusioni o disillusioni; così come un Dio o una Natura capricciosa si sono "divertitII" a mettere in un corpo biologicamente di un certo sesso persone che mentalmente si sentono in tutto e per tutto di sesso opposto, così Vincente

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Metaforicamente, invece, ci dice quanto sia terribile essere trattati dagli altri sulla base di una (loro) percezione distorta di noi. In tal senso il personaggio di Banderas (tornato a vette notevoli di interpretazione) è tanto più inquietante quanto apparentemente normale, determinato e addirittura autorevole (mi viene in mente lo scivolone di "Ruggine", in tal senso: come sarebbe stato il personaggio di Filippo Timi se avesse seguito i canoni usati da Banderas?). Aver usato il sex symbol del cinema contemporaneo per eccellenza per interpretare un personaggio simile, lo rende davvero pericoloso e inquietante, conferendo a una storia altrimenti ben poco verosimile (a meno di non considerarla fantascienza o esercizio puramente metaforico) un inaspettato spessore.

Regia come sempre perfetta, montaggio serrato e funzionale, musiche di Alberto Iglesias più che appropriate, attori in stato di grazia... la "Loy del Desèo" torna in versione bioetica tra stupri fisici e mentali di ogni genere e tipo, da pugni allo stomaco. Perché questo, in definitiva, è un film sulla violazione dei corpi e della mente. Grande Pedro!