jack_torrence 7 / 10 21/09/2011 19:17:50 » Rispondi Il punto debole del fare cinema di Crialese è l'aspetto narrativo. Sotto quello "descrittivo" (potenza del linguaggio, capacità di allestire immagini simboliche e scene visionarie) ha la stoffa del maestro. Ma al cinema non basta, per essere maestri, esser pittori: occorre anche essere originali narratori. Questo "Terraferma" è penalizzato da alcuni momenti narrativi fiaccati da dialoghi didascalici o convenzionali, o momenti che sfiorano pericolosamente la fiction televisiva, anche per via di alcune interpretazioni incerte e non sempre giustificate dalla scelta antinaturalistica e "pasoliniana". Tuttavia la forza del suo messaggio resta incisa in molti momenti di alto cinema: a partire dal fantastico incipit (l'inquadratura sottomarina della rete da pesca che poco a poco imprigiona lo schermo), sino alla meravigliosa plongée dell'ultima inquadratura, che schiaccia un'evasione sulla superficie del mare: una barca che sembra volare schiaffando sulle onde, ma il cui moto "ascensionale" è negato proprio dall'inquadratura verso il basso scelta (appunto, una plongée). Le immagini, in Crialese, lanciano potenti suggestioni. Intorno ad esse, si condensa la metafora di un'isola archetipica, terraferma-di-mezzo tra la terraferma continentale e il mare. Le isole sono al cuore della poetica di Crialese: sembrano metafora di una prigione senza sbarre, aperta all'evasione ma strappata via dalla terra, così come il mare possiede una duplice valenza: è incanto e tormento, alcuni vi si tuffano, ad altri è fatale. Il fascino di "Terraferma" sta proprio nelle ambiguità che suggerisce, sul punto di confine, limen dove si incrociano, senza conoscersi, tre condizioni di vita (gli isolani, i turisti e i migranti) che restano per lo più straniere a se stesse. La scelta finale del giovane protagonista rappresenta una scelta alternativa che si smarca dall'influenza paterna: il finale aperto e la plongée ne suggerisce un esito incerto e precario, ma non per questo privo di speranza.