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MIDNIGHT IN PARIS regia di Woody Allen

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elio91     7½ / 10  20/12/2011 20:32:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Pennellata d'autore che va presa per quel che è: una fiaba romantica e intellettualoide (anche) di Allen, il cui metro di paragone non può che essere La Rosa Purpurea del Cairo di cui riprende la tematica principale (sogno e realtà) e anche il tono surreale e delicato.
Va detto che da Allen ci si aspetta sempre di più, ma anche che è un piacere vedere nel 2011 pellicole delicate come questa.
Plauso quindi all'incipit in cui, stile Manhattan, ci viene mostrata Parigi in "pezzi"; e plauso anche al cast di grande livello: Owen Wilson è una conferma (ma non ce n'era bisogno), è l'alter ego di un Woody Allen che se avesse girato questo lavoro venticinque o trent'anni fa si sarebbe preso il ruolo da protagonista; le nevrosi e i dialoghi sono chiaramente alleniani.
Il contrasto ironico tra una realtà in cui il protagonista non si riconosce (famiglia di ricchi borghesi quella della fidanzata di lui), e il sogno di una Parigi anni '20 in pieno fermento culturale, piena di vita e pulsante al contrario di quella vista inizialmente da Wilson. Infatti tutt'al più la fidanzata si limita ad andare a ballare la sera, o ad ascoltare ammirata le spiegazioni erudite di un compagno brillante di università venuto a tenere una conferenza alla Sorbona; è una vita di umiliazioni quella del protagonista, e sono proposte con tanta ironia da Allen che è dura rendersene conto (afferma che ha cominciato ad avere attacchi di panico da quando si è messo con la fidanzata).
Eppure passeggiare di notte equivale al sogno di una libertà per Gil; incontra i suoi miti letterari, che sono esattamente come ha immaginato che fossero: il gruppo della Generazione Perduta in cui troviamo uno Scott Fitzgerald innamorato della moglie Zelda, mezza pazza e nevrotica. Abbiamo un Hemingway virile che più virile non si può, affascinante e sempre con una bottiglia in mano, pieno di spirito. C'è poi un Picasso distante che con Gil non parla mai direttamente, artista ritratto in modo tutt'altro che simpatico e che non si riesce a scardinare intimamente; e ancora il gruppo dei surrealisti con Dalì, Bunuel e Ernst.
Spiace un pò vedere rilegato in un ruolo tanto importante ma di tanto breve durata quello di Dalì, che Brody interpreta in maniera magistrale in quel poco tempo che ha a disposizione l'artista megalomane. Mentre è esilarante quando Gil dà l'idea principale de L'Angelo Sterminatore ad un Bunuel perplesso.
Gil si inventa un'altra fidanzata inventata, Adriana, la musa che tutti vorrebbero ma che Gil si decide a conquistare.
E poi Midnight in Paris diventa anche riflessione sul presente, sulla convinzione di essere nati all'interno del periodo sbagliato e la voglia di fuggire nel passato, per sempre, il passato che viene sempre visto in modo idealizzato e migliore. Lo fa Gil con gli anni '20, lo fa Adriana con la Belle Epoque, e lo fanno quelli della Belle Epoque col Rinascimento...
Ecco, non ci rendiamo conto mai di quello di bello che oggi abbiamo, e rischiamo di rivolgersi e ancorarci al passato utilizzandolo come mero feticcio; il che può anche essere pericoloso...
Il finale diventa leggermente prevedibile, ma il suo significato tutt'altro che banale: Gil sceglie la soluzione intermedia, non il puro sogno o la pura realtà ma fa sì di realizzare le sue fantasie rapportandole ad un piano realistico.
Sempre Parigi, ma qui e ora. E le finestre sul passato è giusto che rimangano tali, sogni da visitare di tanto in tanto...
Invia una mail all'autore del commento thohà  20/12/2011 21:23:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bellissimo commento. Avresti potuto fare tranquillamente una recensione. ;-)
elio91  20/12/2011 21:57:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie!

E ma la recensione già c'è, ed è anche perfettamente in linea con quel che penso del film.