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IL GRANDE UNO ROSSO regia di Samuel Fuller

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9 / 10  12/11/2007 01:01:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non ho parole: è un film bellico che non assomiglia a nessun altro, forse può vagamente rievocare "La croce di ferro" di Peckinpah ma molto alla lontana... un'immenso affresco Bressoniano (eh sì) per cui "La sopravvivenza è l'unica gloria in guerra".
Se non strappo il massimo dei voti è per qualche riserva nella prima parte: i toni farseschi stridono con l'impatto tragico nella vicenda, come nella sequenza dei soldati francesi di Vichy che abbracciano i soldati Usa, o la sequenza discutibile dell'organo sessuale di un soldato esploso per una mina..
A parte questi due episodi sinceramente superflui, il film è ovunque memorabile: un Lee Marvin semplicemente straordinario ci accompagna in un quarto di secolo di guerre, oscurando il pur amarissimo e radicale nemico Schroeder.
I momenti migliori del film sono quelli dove la tensione è apparentemente sedata da una "pace terrificante" come direbbe una canzone di De Andrè.
Straordinarie le prove di Carradine, di Mark Rydell - soldato pacifista (?) (mai così bravo neanche nella saga di Star Wars) e il cameo della signora Chabrol, Stephane Audran, davvero incredibile.
E le sequenze da antologia si sprecano: i carriarmati che sorpassano sulle teste dei soldati nascosti sotto le pietre, il passaggio di mano in mano delle mine come per beffare la morte, il soldato Rydell che viene spronato a fucilate dal sergente a mostrare coraggio, l'imboscata dei soldati tedeschi che si fingono morti in una sorta di affresco sabbatico degno dei dipinti di Bruegel, il paradossale e grottesco cenacolo dei malati di mente mentre tutto intorno è fuoco e sparatoie (sullo sfondo, una riproduzione del Cenacolo), le porte che si aprono nella polvere tra volti disfatti di sopravvissuti dai campi di sterminio.

La grande capacità di Fuller è di aver controllato un'arco temporale quasi incongruo, come se la guerra fosse un immenso set in cui tempo e date non hanno alcuna importanza rispetto alla sua disfatta morale.
Oltretutto c'è una razionalità sorprendente nel dipingere nemici e amici dei vari fronti senza stereotipi o licenze di parte.

Uno dei più grandi film bellici di tutti i tempi: non assomiglia a nessun altro, dicevo, tranne che per "i corpi che continui a calpestare"