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IL GRANDE UNO ROSSO regia di Samuel Fuller

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stratoZ     7½ / 10  09/10/2023 14:19:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Buon film di guerra di Fuller in uno dei suoi ultimi lavori, "The Big Red One" ha molti elementi in comune con "Platoon" che Stone realizzerà sei anni dopo, diciamo che possiamo considerarlo il Platoon della generazione precedente, entrambi sia Stone che Fuller sono stati sul campo di battaglia in prima persona e forniscono una versione della guerra dal punto di vista dei soldati, entrambi con l'ausilio del voice over che funge da flusso di coscienza, entrambi mostrano una disillusione sugli ideali bellici, insomma gli elementi in comune sono tanti, fa eccezione la guerra combattuta.

Con "The Big Red One" Fuller ci porta nel cuore del secondo conflitto mondiale, mostrandoci la divisione che dà il nome al film tramite il punto di vista di un soldato, la particolarità del film è lo spezzettare la vicenda mostrando più fronti della guerra, per rendere bene l'idea della vastità del conflitto e dell'enorme dispiego di mezzi.
Il film offre diverse sequenze di indubbio valore sebbene non lo trovi il massimo dell'originalità, tuttavia fin dall'inizio riesce ad avere una forte componente empatica a partire da una delle prime sequenza, l'incontro delle truppe americane con quelle francesi con la conseguente dichiarazione di alleanza dei francesi e i festeggiamenti insieme, mostrati a distanza ravvicinata dalla regia splendida di Fuller, una sequenza da enorme sospiro di sollievo e che riempie di gioia per l'aver evitato la battaglia.

La regia di Fuller è ispiratissima come al solito e regala ottimi momenti di cinema, da quelli più claustrofobici dei carri armati che passano sopra le buche con dentro i soldati vivi, vedibile anche come la metafora del reduce che è letteralmente stato schiacciato dalla guerra ma in quel caso ne è uscito vivo. Altra trovata registica niente male è l'uccisione del soldato nemico all'interno della casa con una pseudo soggettiva del soldato morto che vede il nemico chiudergli le finestre di fronte ad esso annerendo lo schermo, riposando per sempre, dando una forte sensazione di morte.
Un po' più banalotta la metafora della donna che partorisce dentro il carro armato attorniato dai corpi morti dei soldati tedeschi, la vita che rinasce in pieno contrasto con la morte della guerra, un po' facilotta diciamo.

Particolarmente toccante invece è la sequenza in Sicilia col bambino che ha come unico desiderio quello di dare una degna sepoltura alla madre, una sequenza abbastanza pesante emotivamente con i soldati che accetteranno pur di avere le informazioni di cui sono alla ricerca e si trascineranno il carretto col corpo ormai putrefatto, il culto dei morti rappresenta un atto di ritrovata civiltà che nel contesto bellico si era totalmente persa.

E ancora vi sono anche diverse scene un po' più leggere in apparenza come i momenti di ballo e i dialoghi tra i soldati riguardanti i vizi e le donne, momenti che presi a solo potrebbero dare una sensazione di ottimismo ma nel contesto rappresentano i desideri dei soldati ormai non tanto in astinenza ma in una quasi dimenticanza di essi, vissuti come qualcosa di lontano, bei tempi andati.

Alla fine penso sia un ottimo film bellico, specialmente per la regia che da quel surplus in più all'opera, la scrittura non la trovo brillante come i capolavori del genere ma si fa guardare molto bene, da segnalare un anziano Lee Marvin e l'allora stella nascente Mark Hammill che quell'anno stesso combatterà un'altra guerra, questa volta non contro i nazisti ma contro l'impero galattico, ma questa è un'altra storia…