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LA STANZA DEL FIGLIO regia di Nanni Moretti

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Woodman     5½ / 10  20/10/2013 15:32:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Moretti non mi è mai piaciuto. Il suo cinema fin troppo leggero affronta temi interessanti che qualchedun altro ha già trattato e in modo più grande, più originale, se non geniale.
Moretti non è un genio, non si avvicina neanche alla definizione. E' un buon regista di indubbio contenuto e cultura. Fin troppo intellettualoide, amato dai francesi (perlopiù dagli estimatori di quell'altro buffoncello di Godard), esponente di una sinistra che a forza di voler far l'alternativa strina sulle corde del sopportabile. Egocentrico a dismisura, potrei parzialmente perdonarlo se in tutto sto tempo si fosse eclissato dalle scene, rimanendo dietro la mdp. Irritante quanto si vuole, giustificato forzatamente dai suoi fans, Moretti nient'altro è che un regista nella media che parla di cose talvolta enormi in modo, appunto, medio. Medio da buonista, medio da intellettualoide, medio da megalomane, medio da prepotente e insopportabile macchietta comunista.
"La stanza del figlio" sta in bilico fra il commovente (merito della brava Morante) e il patetico (merito di Moretti e del resto del cast).
Accorsi come maniaco sessuale è qualcosa di orrido.
Film poco coraggioso che non è nemmeno essenziale. Un continuo sapore di nulla che si instaura in una pellicola che non fa nè caldo nè freddo, più corretta che intelligente, più costruita che (pur con volontà) autentica.
Non rimane nulla. Non MI rimane nulla, pardon.
Il capolavoro di Eno "By this river" sprecato in un'operazione pretenziosa e vuota, sterilizzata dal sorrisino facile e dalla lacrima esasperata (ed esasperante).
Qualche battuta lascia il segno e Orlando convince in un personaggio importante. Tutto converge sul senso di colpa di Moretti. Come se si potesse mostrare davvero il dolore. Patetico, patetico e ancora patetico.
Cast spaccato in due, regia come sempre vacua, tematiche trite e ritrite, nessun picco realmente intenso.
Operazioncina furbastra che si rivela essere fra i bersagli più facili per i detrattori del regista-attore, di cui io faccio parte.
I più stolti o gli accaniti sostenitori arrivano alla scena finale convincendosi di aver assistito ad un film spettacolare. Ripensano al titolo espressivo e delicato, ai volti degli interpreti, alle buone intenzioni, alla piega improvvisa che prende la storia con l'entrata in scena della ragazzina autostoppista, sorprendente e "poetica", non c'è che dire. Tutto mentre suona il pezzo di Brian Eno.

Lo sconsiglio a chi vuole qualcosa di intelligente.