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LA STANZA DEL FIGLIO regia di Nanni Moretti

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Crimson     8 / 10  12/08/2011 15:10:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
“Ho visto La stanza del figlio di Nanni Moretti. Il viaggio finale è bello per semplicità, semplice per bellezza. Un’acqua invisibile scorre nelle inquadrature, irriga lentamente. Torna una vita fragile, molto fragile. Ritorno della vita. Ritorno alla vita. Sentirsi di nuovo vivi tra gli altri, è uno dei passaggi più difficili da riprendere, e ci è riuscito. Grazie”

(Luc Dardenne, 18/07/2001)


Giovanni, Paola e Irene sentivano finalmente il bisogno che qualcuno li guardasse e li conducesse lontano da quelle quattro mura che non saranno più le stesse.
Dove siamo? Non lo so. Nel viaggio di riscoperta spazio e tempo non sono più dimensioni che determinano il nostro modo di considerare la materialità del presente e il peso di passato e futuro.
I wonder why we came, si chiede Brian Eno.
Si pongono il medesimo interrogativo loro tre, trasportati dalla necessità di ricomporre se stessi e il proprio nucleo.
Giovanni, Paola e Irene si osservano attraverso gli occhi di Arianna.
Il bisogno che qualcuno ci dia un’altra prospettiva della vita, immergerci nel suo sguardo per assistere allo spettacolo che i suoi occhi sono in grado di catturare.


Into the blackened night of my world within,
Soaring...through and beyond my mind,
And into the void of its universe.
I am dissolving...as if born again.
strange_river  21/08/2011 19:37:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Leggo la tua citazione e mi dico che magari ha ragione Dardenne, forse un filo di speranza c'è, anche se ancora è un aggrapparsi ad una ragazzina, ma poi si sa che la vita ha sempre il sopravvento.
Ma a me riguardandolo ha di nuovo fatto pensare a come siano false e precarie tante sicurezze e come sia facile trovarsi soli (nel vero senso della parola) nei momenti bui dell'esistenza.
Mi son fermata al momento prima della rinascita.
In ogni caso, bellissima canzone :)
Crimson  21/08/2011 23:10:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
secondo me il fatto che sia una ragazzina è relativo. Non è Arianna che cambia loro tre, ma qualcosa nasce da loro. Arianna mi ha fatto pensare al ragazzo che leggeva 'L'idiota' che la protagonista del Raggio Verde di Rohmer incontra. Non è lui a determinare il raggio verde, è lei che finalmente si guarda dentro. In quel finale del film di Moretti ho visto qualcosa di simile. Non so se rinasceranno ma hanno vissuto insieme un passo determinante per guardarsi in modo diverso e nuovo. Un singolare moto di unione li riaffranca. Non credo sia un film sulla rinascita e la piena elaborazione, ma l'affacciarvisi per la prima volta. Quel momento a cui se non ho capito male alludi. Come Juliette Binoche nel momento in cui la prostituta le offre la sua genuina vicinanza dopo il suo gesto di solidarietà in Film Blu. Magari bastasse solo questo per rinascere.
La vita ha sempre il sopravvento, non condivido, conosco persone che dopo aver perso il proprio figlio a distanza di anni continuano a circondarsi di oggetti morti, defunti, che provano a somigliare anche somaticamente al figlio, in un macabro eccesso di commemorazione. Non giudico ma osservo impotente e incapace di fornire chiavi di rinascita. Ecco perchè Arianna devono vederla loro, a volte esiste ma non viene vista la sua funzione di trasfigurare il dolore, ma si finisce per cercare in lei solo una sterile conferma di ciò che si vorrebbe ascoltare.
Crimson  21/08/2011 23:17:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
O meglio io le chiavi le avrei ma sono di natura diversa, naturalmente non posso sostituirmi al dolore di un genitore.
strange_river  25/08/2011 18:25:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il mio "la vita prende sempre il sopravvento" non voleva essere liquidatoria e neanche superficiale, pur se magari può esserlo sembrata.
Stiamo parlando di qualcosa che solo a sfiorarlo si rischia di dirne troppo o male e ti capisco con tutta me stessa quando parli di quelle esistenze per sempre distrutte da un evento simile.
Solo per quanto riguarda il film, a me ha fatto pensare "di più" a quante cose noi diamo per scontate, di quante sicurezze ci circondiamo (sia materiali, ma anche intellettuali) salvo poi ritrovarci nudi e incapaci di affrontare davvero quello che realmente scardina tutto.
Credo sia uno degli aspetti della nostra cultura, a cui do l'attributo, sintetico, di "occidentale" che più ci distingue: tener lontani tutti i possibili fantasmi (morte, vecchiaia, malattia), la volontà di poter controllare il dolore (la reazione composta dei genitori, solo in un momento lacerata dal grido di dolore materno).
Beh, sono solo pensieri naturalmente, non presunte verità.
Ciao :)


Crimson  27/08/2011 01:41:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Beh scusa se ho involontariamente ritenuto che la tua osservazione fosse superficiale.
A me, nel particolare, è piaciuto come è affrontato il tema delicatissimo della lucidità e dell'umiltà di mettersi in discussione da parte di chi opera in una professione d'aiuto, quando non è nelle condizioni obiettive di esercitare il proprio sostegno.