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LA STANZA DEL FIGLIO regia di Nanni Moretti

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  25/07/2007 00:12:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Turbò non poco le nostre radicali (puriste? sinistrorse?) convinzioni davanti al cinema (un tempo) antitetico al Sistema come quello di Moretti: rileggerlo come metafora di una Società Familiare (o ideologica?) che (soprav)vive solo dall'esistenza della Prole, è indicativo del processo che Moretti stava seguendo.
Con tutte le parole spese per questo film, mi auguro di poter essere chiaro, in definitiva: non è il Moretti che ci si aspetta, perchè non sempre l'"opera della maturità" coincide con i nostri ideali di cinema e forse ci manca proprio quell'incoscienza aspra e autoindulgente dell'inesperienza.
Ma non è neanche facile rapportarlo al melodramma furbetto americano, come se fossimo di fronte a una versione nostrana di "Voglia di tenerezza".
Mi sembra indicativo (e recidivo assai) un padre ultraquarantenne che si comporta con il figlio adolescente come un tardo teenager, ovvero un coetaneo: un'effetto alienante degli errori delle generazioni post-68?
E poi, errore madornale, incrociare quel retaggio nazional-popolare che, come mi ha giustamente fatto notare un amico, non può predisporre diverse generazioni all'ascolto conciliante di un brano di Caterina Caselli (Paolo Conte docet): questi mondi agli antipodi , questo bisogno di raccogliere le divergenze del passato e inserire la famiglia borghese in un contesto uniforme mi sembra assai pretestuoso.
La seconda parte mi sembra la più autentica e "sentita" forse perchè fuori dalle corde di Moretti: il dramma sfocia in alienazione, e Moretti si inventa il personaggio azzeccato del psichiatra, del resto come concepire il silenzio delle parole in un ruolo che reclama l'empatia verso il disagio altrui (Accorsi nei panni di un sessodipendente psicolabile, sorprende positivamente)?
A Caterina Caselli e agli Hare Kristna, simbolo di contagiosa vitalità, si immette Brian Eno e il clamore doloroso e silente di un'impotenza.
Tutto molto bello, e tutto terribilmente vicino al dramma reale di tante persone che hanno perduto i loro cari in qualche modo: la fuga commossa di Moretti dalla vera o presunta Militanza Politica provoca il suo film più ideologico e Militante, per paradosso: la comunanza alle sofferenze del Popolo inglobata in una dialettica quasi apolide e anarchica (la messa con i discorsi di rito del Parroco, la crudele ritorsione coniugale).
Un film, a modo suo, perfetto per il tema trattato, e imperfetto nella sua logica tutt'altro che rivoluzionaria, forse banale anzichenò
8 per l'emozione che tradisce ogni mia riserva