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IL RAGAZZO CON LA BICICLETTA regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  25/05/2011 00:36:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Condivido quasi ogni singola parola dell'ottimo commento precedente al mio, ma rimango frastornato e forse lievemente deluso. Il nuovo Dardenne, che giostra gli stessi schemi e argomenti dei film precedenti (con un finale che cita il capolavoro Le fils, ma per diverse ragioni mi ha piuttosto sconcertato) non riesce secondo me a sfuggire alla sensazione di un esercizio stilistico perfetto ma informe, privo del necessario coraggio di esprimere compiutamente il senso di smarrimento di Cyril, che pure nella prima parte del film è reso con assoluta efficacia. Il tema dell'"orfanismo" morale alla fine è lo stesso che accumuna tutti gli emarginati dei loro film, che non sono nè vittime designate nè carnefici spietati, ma seguono semplici e clamorose direttive dei sentimenti individuali. Le loro azioni negative possono essere dettate da tanti fattori, come nel caso del ragazzino, e raramente credono alla gravità delle loro conseguenze. I personaggi di contorno, come il padre e lo spacciatore di quartiere, hanno colpe ben più gravi, ma non esistono come condanna morale nel mondo dei fratelli belgi. Possono essere indirettamente responsabili ma le colpe cadono sui figli e sui (metaforici) fratelli "minori".
Come la figura materna assente e rimpiazzata da una donna che, inizialmente, non si capisce come possa provare e perchè tanto affetto per questo ragazzino inquieto.
Proprio nell'epilogo finale, ho l'impressione che i Dardenne ritraggano le loro mani per rifugiarsi nell'anticonvenzionalità - non so quanto rassicurante - di una lezione morale più che pertinente (chi ha pagato per le sue colpe non può perdersi a lungo, eppure il comportamento delle "vittime" diventa ambiguamente scorretto anche di fronte alla gravità del danno subìto).
Il film è bellissimo, intendiamoci, ma lascia una sensazione di irrisolto, di freddezza da cineasti indipendenti.
Per molti versi i Dardenne sono gli unici eredi plausibili di uno dei più grandi e dimenticati cineasti del cinema (e non solo) francese del Novecento, quel Marcel Pagnol da cui rubano frammenti (l'amicizia di Cyril con i bulli del quartiere) di grande lirismo umano
Crimson  25/05/2011 21:31:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie per l'apprezzamento al mio commento, aspettavo sinceramente il tuo commento al film ed ero sicuro che saresti stato uno dei primi a farlo. Non credo di aver compreso bene quella che definisci in termini di leggera delusione: secondo me il senso di smarrimento è definito (come accogliere le singolari attenzioni di un ragazzo più grande quando hai un padre che non ti caga e una madre-sostituta che non riconosci come propria?), la freddezza risiede forse nel passaggio successivo che lo conduce al prodigioso quanto repentino scatto finale. Forse manca davvero un po' più di calore in alcuni passaggi per avvicinarlo realmente ai più bei film che hanno realizzato.
Penso che meraviglia i film dei Dardenne, ci hanno abituato troppo bene. Alla prossima (p.s. domani vado a vedere anche l'ultimo di Loach)
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  26/05/2011 15:07:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' proprio quel finale, troppo neutrale secondo me. Il mio preferito è Le fils, un film meraviglioso che esprime ogni cosa nelle espressioni degli interpreti
Crimson  26/05/2011 21:57:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' anche il mio preferito. Ciao