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THE TREE OF LIFE regia di Terrence Malick

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8½ / 10  21/05/2011 01:40:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dissolvenza, cronologia, potere della scissione attraverso lo schermo, turbamento, spiritualità, misticismo, tatto, mantra. Tanti aggettivi possono stordire, e in effetti il nuovo Malick che fa del linguaggio spirituale l'assoluto segreto "divino" dell'esistenza può suscitare qualche perplessità. E' però un film che cattura piano piano, invade e "infetta" lo spettatore, ma per quanto io sia rimasto letteralmente affascinato dal tutto non mi riesce di premiarlo con il massimo dei voti (come mi era accaduto ai tempi di La sottile linea rossa). Attenzione: il nobilissimo incedere (e sottolineare) sull'esistenza spirituale di un mondo che ha le sue ragioni al cospetto di D.io non significa affatto che il messaggio debba bruciarsi tra incensi e preghiere alla vita stessa.
A tratti la percezione (sbagliata) che il cinema di Malick ostenti un lirismo trasognato e celestiale, e per questo avverso al meccanismo delle inquietudini, cambia radicalmente.
Non è vero che Malick tralascia questo aspetto, anzi lo rafforza: dentro l'esistenza anche solare di questa famiglia noi troviamo crepe (il rapporto difficile del fratello maggiore con il padre, il tragico lutto del fratello) che smussano il rapporto - faticoso, invadente, necessario - dell'umanità con l'esistenza di un D.io.
Armonia e disarmonia si corteggiano, si contrastano tra gli elementi della terra - evocati in maniera meno simbolica ma più attraente dell'ungherese M. Janckso' - e le speranze mal riposte di un genitore ferreo e invero debole e "vinto" come uomo e padre (un Brad Pitt sensazionale!).
"Non vede forse D.io anche colui a cui D.io volta le spalle?" si domanda il film.
Preda di un'assoluta, e forse un pò ingenua, rappresentazione dell'Assoluto come moralità interiore, "Tree of life" resta comunque una grandissima pellicola sul senso dell'esistenza, a cui nessuno può dare (nè Malick si affanna a farlo) un significato preciso.
La "comunione" con la vita naturale del resto si appresta ad essere recisa davanti agli angusti grattacieli di una metropoli dove conta solo il prezzo (non il senso) della vita
ughetto  21/05/2011 10:21:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
è vero che la contemporaneità è abbastanza messa in luce negativa dalle due uscite sull'avidità e sulla carriera; tuttavia il modo in cui vengono ripresi i grattacieli mi ha fatto pensare ad essi come ad una continuazione del divenire che non viene condannata e non rappresenta una recisione in sè, non una discontinuità. In altri termini: il modo con cui viene inquadrata la metropoli mi è sembrato più volto a cercare un'analogia con le forme naurali che una rottura. Anche la natura sa essere più che angusta. Ovviamente questa è solo la mia impressione.