gerardo 4 / 10 22/12/2004 13:58:16 » Rispondi Io penso che se un film faccia ridere quando non deve, cioè quando scade nel ridicolo involontario, sia un film completamente sbagliato. Parlo di ridicolo, non di comicità voluta o di humor da commedia. Non c’è una battuta, in tutta la durata del film, che non sfugga al ridicolo e alla banalità inconsapevole. Tanto che agli attori sembra evidente l’imbarazzo nel recitarle. E a me l’imbarazzo per loro. Proprio i dialoghi, che di questo film vengono tanto elogiati, sono così insipidi e strascicati che, ripeto, gli attori mi sembrano fuori parte, impacciati e perfino increduli rispetto a ciò che recitano. Poi magari è anche colpa del doppiaggio, ma le facce dei quattro protagonisti non sembrano per niente convinte di quel che fanno e dicono. Il film è così scialbo tanto nella forma che nei contenuti, che verrebbe voglia di non parlarne. O quasi… Closer ha una struttura fortemente ellittica, suddivisa in più parti, con delle macrosequenze coincidenti con le scansioni temporali della storia che si sviluppa nell’arco – se non ho capito male – di quattro anni (1. l’incontro tra il necrologista *****tto e la bella sbarbina semipunkabbestia ex-spogliarellista; 2. quello tra la fotografa borghese frustrata-ma-arrapata e l’ex-necrologista ormai scrittore; 3. quello … vabbè, non racconto tutto il film). Per cui tutto il film procede, data la compressione temporale degli eventi, in modo veloce nei tempi concentrati di queste sequenze. La scena della chat, rispetto alla durata di queste sequenze, risulta spropositatamente lunga ed estenuante (sarebbe sembrata tale anche in un film con una storia meno frammentata temporalmente). Questo prolungato soffermarsi sullo scambio di battute in chat è forse il segno più evidente di un certo autocompiacimento provocatorio (del tutto sterile…) degli autori, e che risulta francamente inutile nell’economia complessiva del film. Stilisticamente Closer vorrebbe forse essere una commedia pungente e amara, priva del giudizio dell’autore sugli eventi (in modo che sia lo spettatore a farsi un’idea delle relazioni sentimentali e blablabla). In realtà il film non sa mai da che parte buttarsi, se sulla commedia o sul dramma sentimentale, ma non credo per un preciso intento autoriale. Piuttosto perché alla base manca proprio un’idea di stile, anzi, non si sa bene dove si vuole andare a parare (se far divertire ma lasciando spazio a un po’di riflessione spicciola, oppure se far riflettere ma senza rattristare – ed ecco che si infilano, o meglio, si rifilano, qua e là alcune battute e situazioni presunte “comiche”). La superficialità con la quale si approcciano le situazioni e il risvolto tutto verbale della sceneggiatura ne sono la prova. I conflitti, gli innamoramenti e le soluzioni sono tutti affidati al dialogo, compreso quello virtuale “real time” della chat. Per chi non si sfracella le palle, questo procedimento va bene in teatro, dove la parola è alla base della scena e dei codici espressivi. Il cinema, di codici espressivi, invece, ne ha altri, primo fra tutti – potrà sembrare banale dirlo – l’immagine. In questo film, tratto da un testo teatrale, la necessaria trasformazione dei codici sembra proprio non sia avvenuta affatto, probabilmente per non stravolgere certi meccanismi che ne hanno decretato la fortuna in palcoscenico. Ma l’esito è proprio ‘na chiavica. Poi, la questione del realismo, sollevata a scudo ed esaltazione di Closer. Un’opera realista s’ispira a situazioni reali, le ripropone con verosimiglianza. Per quanto estremamente vicina alla realtà, nessun’opera potrà mai essere a questa perfettamente aderente, in quanto reinterpretazione macchinata dal regista e dagli autori: ogni inquadratura, ogni operazione di montaggio è sempre una scelta autoriale ben precisa, che indirizza in un modo o nell’altro l’andamento e l’ideologia del film. Oltre al fatto che alla base del racconto c’è già una motivazione che ha fatto scegliere all’autore una situazione piuttosto che un’altra. In questo film, il tentativo di illustrare o descrivere semplicemente la realtà “così com’è”, senza il giudizio preventivo dell’autore, è soltanto una stupida e capziosa pretesa propagandistica. Del resto il film è ruffiano, non realistico, appunto. Un po’ come succede dalle nostre parti con Muccino. Solo che la critica militante nostrana pensa di avere il palato fine e se una monnezza del genere la fa Mike Nichols, allora è film d’autore. Il realismo dovrebbere partire dal minimalismo quotidiano per farsi universale. Dovrebbe cogliere, attraverso il particolare e i dettagli, l’essenza della realtà storica che si sta analizzando. Il realismo non è rispecchiamento passivo: si dice che in Closer ci si “ritrovi”, si rispecchia quello che avviene nella realtà. Qui però si resta al minimalismo tout court e ci si compiace del crogiolarcisi dentro, senza andare olre. Più che suscitare una riflessione sulla realtà, in questo film ci si pulisce lo stomaco. Ci si ferma al piattume e alla superficialità di situazioni banalizzate, quando invece anche il banale quotidiano ha sempre un suo perché, che in Closer non si coglie. È, appunto, semplice illustrazione compiaciuta e senza profondità di situazioni più o meno pruriginose spacciate per reali – o realistiche – di un mondo asfittico e chiuso (dove la chiusura non è, o non sembra affatto, una scelta consapevole degli autori, ma semplicemente il segno della povertà ideologica e narrativa di questo testo teatrale). Si è associato Closer ad Eyes wide shut per l’argomento trattato, e in effetti, guardando il film di Nichols, viene subito alla mente il rimando a quello di Kubrick. Ma – per quanto mi riguarda – solo per rimpiangerlo. Kubrick, attraverso un dialogo – uno solo (!), in camera da letto, tra marito e moglie - sempre più sciolto e l’inquietante (per T.Cruise) parziale svelamento dell’adulterio vero o presunto di N. Kidman, racconta la trasformazione della serenità di coppia in incubo del tradimento, mostrato con un passaggio dalla parola all’immagine: l’incubo di T. Cruise che “visualizza” quello che sua moglie non gli ha detto. Alla parola si sostituisce, evocata, l’immagine, che poi è cinema. E non sono forse immagini quelle che ci visualizziamo della persona amata a tormentarci d’angoscia quando la si sospetta di tradimento? In Closer la parola pretende di svolgere ogni ruolo e, con sfacciata ipocrisia radical-chic, viene resa pornografica al posto dell’immagine. Come nella pornografia si mostra l’atto sessuale in una sorta di naturalismo estremo dove impera la dittatura dell’immagine filmica, esplicita e spiegata, che nulla concede all’immaginazione, qui è la parola a sostituirsi, anche in senso ideologico, all’illustrazione “didascalica” del sesso. La parola in Closer non ha più un’effetto evocativo (l’abbiamo visto con la scena della chat line), come succede non solo in Kubrick, ma – visto che partiamo da un testo teatrale – anche e soprattutto nell’Otello shakespeariano, nel quale Jago, attraverso delle parole mirate, induce il protagonista a immaginare e a visualizzare situazioni. L’Otello, di fatto, è molto più realistico, a 500 anni di distanza, di Closer. Di Closer che vorrebbe essere un film distaccato e freddo, proprio come un porno, d’altronde (ne ha lo stesso insistito e voluttuoso compiacimento illustrativo). Solo che noi qui non vediamo penetrazioni e pompini, ma ce lo dicono loro, i protagonisti, visto che a noi manca l’immaginazione… Sarà questa la trasgressione di cui tanto si parla a proposito di Closer? Bè, se così fosse allora bisognerebbe ragionare sul concetto di trasgressione, ma non è il caso… A me è sembrato piuttosto un pettegolo e ruffiano, vacuo, piatto e salottiero pour parler borghese, assolutamente sterile e stupidamente conformista. Che non scalfisce se non gli ipocriti, ma al tempo stesso li rassicura, perché resta sulla superficie (di una pozzanghera) e non affonda nel torbido. L’asetticità borghese è salva e “noi” con loro. Mi sa che anch’io ho speso troppe parole per un film così insignificante e che fra qualche giorno sarà già dimenticato.
divino 22/12/2004 15:07:31 » Rispondi a gerardo più lungo no il commento?
Lot 23/12/2004 08:55:42 » Rispondi dai, se qualcuno è in grado di scrivere lasciatelo fare, non andrò sicuramente a vedere sto film ma il commento è splendido.
divino 23/12/2004 14:38:45 » Rispondi fai bene, tanto è una emerita cazzat.a!
Lot 23/12/2004 17:10:25 » Rispondi lo sospettavo...
dedalo1267 23/12/2004 09:23:19 » Rispondi la mia in effetti per il 60% era invidia.
Scart 23/12/2004 00:12:28 » Rispondi Sei un cieco. Ma va bene così , a me non cambia nulla. Auguri!
Lidia 23/12/2004 00:18:45 » Rispondi Ti è mai successo di vedere un film che non ti è piaciuto e nel raccontarlo il giorno dopo a qualcuno scoprire che ti piaceva? Beh, ti è successo adesso. Meglio tardi che mai!
dedalo1267 23/12/2004 09:32:51 » Rispondi lo sapevo che il mio oculista era un imbecille.
gerardo 23/12/2004 12:18:14 » Rispondi Ok, riprendo gli ultimi righi: "(...) A me è sembrato piuttosto un pettegolo e ruffiano, vacuo, piatto e salottiero pour parler borghese, assolutamente sterile e stupidamente conformista. Che non turba se non gli ipocriti, ma al tempo stesso li rassicura, perché resta sulla superficie (di una pozzanghera) e non affonda nel torbido. L’asetticità borghese è salva e “noi” con essa."
Ora va bene?
acol 23/12/2004 14:30:19 » Rispondi per la serie: sarò breve!
gerardo 23/12/2004 19:07:42 » Rispondi quante storie per due righe in più!... cmq, c'è anche la versione "light" per i pigri, se non te ne fossi accorto. :)
gerardo 23/12/2004 19:18:50 » Rispondi A proposito di tradimenti:
CHI SI ATTACCA ALLA VITA E' GIA' GIUDICATO - Io so che tu mi tradisci. - Come? - Lo sai. - Non lo so. - Ma lo fai. - Come? - In ciò che fai e non sai ciò che fai. - Mio Dio! che devo fare? - Lo sai. - Non lo so. - Ma lo sai che non lo fai. - Come? - In ciò che fai, senza sapere, ciò che non devi fare. - Ahimè, ch'io non posso non fare ciò che faccio. - Se non sai quello che fai non sai se puoi o se non lo puoi, ma non lo puoi sapere. - Ma com'è che faccio ciò che faccio s'io non lo so, né posso sapere se lo posso fare? - Perciò appunto lo fai, perché gli altri lo vogliono, e tu non lo sai. - Ma io sono libero, non obbedisco a nessuno. - Tu non sei né libero né schiavo. - Ahimè. - Tu non sei ma gli altri sono in te. - Nadia! - Non più! - Nadia io t'amo ancora. - Non hai mai amato né me né altri, ma in tutti sempre te stesso. - Nadia io t'amo ancora. - Taci! soltanto colui che « è » può amare senza chiedere d'essere amato. - Ma tu non m'hai amato mai. - T'avrei amato se tu fossi stato tale da amare senza chiedere d'essere amato. - Ma io soffersi e soffro, Nadia, tu non hai pietà di me. - Pietà sì, poiché soffrirai più che non hai sofferto, e sarai miserabile più che non sei stato, e molti e molte avranno pietà di te: nessuno amore. - Nadia tu non hai pietà di me. - Pietà sì, poiché la pietà va al miserabile che non ama e non può essere amato. - Oh io saprei ben amare chi m'amasse, tanto ne ho bisogno! - Povero Carlo! non lo saprai mai, poiché nessuno può amare chi ama solo l'amore di cui ha bisogno, che se n'ha bisogno vuol dire che non l'ha. tu non hai niente e niente puoi dare, ma chiederai sempre, sempre più miserabile, che non « sei » e non puoi amare, ma chiedi l'amore per illuderti d' « essere » qualcuno. Ma nessuno può amare chi non « è ». - Nadia io m'uccido! - Perché? - Così forse mi stimerai tale che viva me vivo ameresti. - Povero Carlo! è tutto invano ciò che uomo vano fa per bisogno e non per amore: Vivi e soffri! Addio!
Carlo Michelstaedter (1887 - 1910)
641660 24/12/2004 09:43:32 » Rispondi A proposito di tradimenti io son d'accordo col Duca di Mantova:
"Né sventura per me certo saria. Questa o quella per me pari sono a quant'altre d'intorno, d'intorno mi vedo; del mio core l'impero non cedo meglio ad una che ad altra beltà. La costoro avvenenza è qual dono di che il fato ne infiora la vita; s'oggi questa mi torna gradita, forse un'altra, forse un'altra doman lo sarà, un'altra, forse un'altra doman lo sarà. La costanza, tiranna del core, detestiamo qual morbo, qual morbo crudele; sol chi vuole si serbe fidele; non v'ha amor, se non v'è libertà. De' mariti il geloso furore, degli amanti le smanie derido; anco d'Argo i cent'occhi disfido se mi punge, se mi punge una qualche beltà, se mi punge una qualche beltà. "
...E scusa se è poco...
thohà 24/12/2004 15:40:14 » Rispondi Però, Gerardo un po' logorroico lo sei, eh? Augurissimi di Natale
gerardo 25/12/2004 13:14:12 » Rispondi Il brano "Chi si attacca alla vita non l'ho scritto io": è del poeta-filosofo Carlo Michelstaedter. Io ho fatto un semplice copia-incolla. Ricambio gli auguri (anche se non credo).
maremare 25/12/2004 13:57:57 » Rispondi ci mancava solo che lo avessi trascritto parola per parola.. :)
Inn10 25/12/2004 14:41:28 » Rispondi Appunto... mi sa che hai speso davvero troppe parole per questa c....ta. Cmq concordo in pieno bravo!
JoJo 26/12/2004 13:26:04 » Rispondi Per quanto sconsigliato... a me a legger commenti del genere vien voglia di vedere il film!
vale80 26/12/2004 13:38:09 » Rispondi a te sicuramente non piacerà
JoJo 26/12/2004 14:25:07 » Rispondi Come fai a dirlo?
vale80 26/12/2004 14:45:41 » Rispondi sono veggente, vedo attraverso il fondo dei tuoi occhiali....a proposito 2046 quanto lo tengono a bologna? pensi resisterà fino ai primi di gennaio?
JoJo 26/12/2004 16:06:06 » Rispondi No... è già sparito ovunque, lo tengono solo al Lumière
Poi, suppongo, troverai solo in divx al 90% registrato dal cinema (a meno che non abbia la fortuna di beccarne una versione rippata da un promo-dvd)... oppure ti toccherà attendere il noleggio.
gerardo 26/12/2004 19:16:40 » Rispondi Ma io non ho mai sconsigliato a nessuno di vedere il film.
JoJo 31/12/2004 14:43:00 » Rispondi Votar 4 non mi par propriamente un caldo invito.
gerardo 31/12/2004 20:07:35 » Rispondi :) Il voto e il relativo parere sono del tutto personali. Sta all'intelligenza e all'interesse di ognuno decidere se vedere o meno un film, al di là dei commenti e dei pareri che ha letto o sentito in giro. Almeno a me funziona così... Se dovessi tener conto dei commenti e dei voti letti in questo sito, dovrei stare molto alla larga da "Pornocrazia", per esempio, eppure mi dispiace ancora non averlo visto, ché la Breillat è una grande regista.
Wolf 27/12/2004 00:11:05 » Rispondi Grazie Gerardo! Più o meno era quello che volevo dire io, ma mi hai risparmiato la fatica :-) Però sei stato troppo generoso col voto IMHO