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FERRO3 - LA CASA VUOTA regia di Kim Ki-duk

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kafka62     8 / 10  26/04/2018 11:57:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il giovane protagonista di "Ferro 3" gira per la città lasciando volantini pubblicitari alle porte delle case. Al termine della giornata, tornando sui suoi passi, penetra indisturbato nelle abitazioni lasciate incustodite dai proprietari, in quanto serbano ancora il foglio da lui attaccato la mattina. Egli non è però un ladro, al contrario, oltre a non portare via nulla, mette in ordine la casa, ripara gli oggetti guasti, ecc. E' chiaro fin dalle prime immagini che il ragazzo è migliore delle persone che legittimamente abitano gli appartamenti da lui violati, tutte violente, astiose, incattivite dalla vita. Egli, in un certo senso, occupando le loro case, riempie un vuoto, che non è tanto un vuoto di esseri umani, bensì di umanità. E' chiaro da queste considerazioni che "Ferro 3" è un film eminentemente metaforico (in quanto parla del nostro mondo contemporaneo, in cui l'intimità è custodita gelosamente, a scapito dei rapporti umani) e che il suo protagonista è una figura simbolica. Questo rende plausibile la progressiva deriva della storia verso il côtè onirico-parapsicologico, con il protagonista che,

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILERtorna – percepito ma non visto - nei luoghi domestici dove era stato in precedenza. In uno di essi lo attende la donna, vessata dal marito ottuso e maschilista, con cui all'inizio del film aveva intrecciato una tenera e silenziosa storia d'amore e che lo aveva seguito fedelmente nelle sue peregrinazioni, prima di essere ricondotta recalcitrante al domicilio coniugale. E' in un commovente, invisibile abbraccio (che surclassa per bellezza poetica le analoghe scene di "Ghost") che si chiude la pellicola, stravagante (l'ossessione dei personaggi per le mazze da golf), surreale (è lo stesso regista che autorizza, nonostante il realismo figurativo di fondo, a pensare la vicenda come un sogno), essenziale (i silenzi prevalgono su tutto il resto), che si colloca a mezza via tra un Kar-Wai meno barocco e un Ming-liang meno antonioniano.