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LIMITLESS regia di Neil Burger

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  30/04/2011 01:57:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Niente male come premesse: un regista sulla strada intrapresa da Christopher Nolan e Fincher, uno script che ricorda molto Palahniuk, Jonathan Franzen, Pynchon e Forster Wallace, un viaggio più virtuale del vero nei nostri neuroni, nella dipendenza sociale e nella difficile ricerca di una via al capitalismo attendibile. Bisogna dire che Limitness è una gioia per gli occhi e per lo spirito, perchè è uno di quei (rari) prodotti americani che meritano qualcosa di più di una recensione, possono innescare un dibattito o persino suggerire un saggio sul tema della dipendenza sociale. Se Bret Easton Ellis aveva raccontato l'inesorabile trionfo del male nell'estabishment dell'apparenza (dove la morte stessa non ha voce nè giustizia) "Limitness" sorprende perchè sembra esprimere la condanna morale del privilegio. Certo non è esattamente un capolavoro, anzi in più frangenti rischia di trasformarsi in una colossale s.t.r.o.n.z.a.t.a.
Eppure, lo confesso, erano anni che non mi divertivo tanto.
Nell'America del 2011, dove il cosiddetto Sogno Americano fatìca per varie ragioni a ritrovare la sua identità, può accadere anche questo. La ricerca di un benessere costruito sotto l'effetto di vettori artificiali - e l'inquietante confessione di De Niro sul possibile finanziamento la dice lunga sulle logiche delle multinazionali - fa pensare a un'universo che ha urgente bisogno di "(con)correre" come ai bei tempi per ritrovare la strada del successo.
Non si capisce se Eddie stia diventando un Superman da letteratura cyberpunk o un profano sapiente che usa ogni mezzo a disposizione per rimanere a galla (spoiler) Tanto più che c'è sempre/ancora il russo cattivo di turno atto a carpire le informazioni necessarie agli Usa per trovare la sua fetta di gloria. De Niro è invero amabilissimo nei panni di uno squalo della finanza, soprattutto quando ricorda a Eddie di non avere "mai combattuto" per ottenere qualcosa. Il ritmo è vertiginoso, il montaggio a dir poco efficace, il film passa da momenti di pessimo gusto (la prima, rapidissima trasformazione di Eddie è davvero imbarazzante) ad altri di notevole intensità (l'incontro con l'ex moglie cita indirettamente proprio Fight Club).
Il tema è trattato con una certa superficialità, che inducono però lo spettatore a rifornirsi (ehm) di altra materia, magari rileggendo certi saggi di un certo Hoffman.
Alla fine, se Nolan indica il sogno come rivelazione e soluzione, "Limitness" mostra la tossicodipendenza della ragione. Del resto chi non vorrebbe avere le stesse fortune di Eddie, nella vita?

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