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HABEMUS PAPAM regia di Nanni Moretti

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Fidelio52     10 / 10  29/04/2012 12:07:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Habemus Papam" è da ascrivere senza dubbio alla categoria delle opere migliori del regista romano. Si tratta di un congegno (senza orologeria) magnificamente orchestrato da un autore che negli anni ha maturato uno stile fortemente personale e inimitabile, un controllo del mezzo cinematografico consapevole ed eseguito con mano sicura (nonostante Moretti nelle interviste denunci una certa insicurezza giunta coll'età). Su questo film sono state spese tantissime parole (spesso o vanvera o in malafede), per cui non mi dilungherò in una vera e propria recensione (anche perché tra un'ora parto in vacanza). A molti il film non è piaciuto perché influenzato dalla forte premessa: un papa che non vuole fare il papa, uno psicanalista chiamato per aiutarlo. Indottrinati da decenni di cinema industriale americano - spesso ruffiano e consolatorio - viene naturale aspettarsi una storia che proceda sulla falsariga della relazione profonda tra il terapista e il suo illustre paziente (penso a "Un boss sotto stress" o al più recente, sopravvalutato, "Il discorso del re"). Invece Moretti insinua la possibilità, ma poi subito dribbla, spiazza e scinde la trama in due tronconi che non si incontreranno più, assestando un colpo alla psicanalisi e al "volere divino", sistemi (non più) infallibili. Da una parte assistiamo alla spirale regressiva di Nanni/Brezzi sui porporati, nel quale sotterraneamente Moretti sperona, con la sua ironia fantastica, il Vaticano e i suoi rituali e privilegi senza mai risultare offensivo o blasfemo :la benzina, la farmacia con le medicine introvabili, la "prigionia" del Conclave, la maggioranza italiana ed europea contro la minoranza dell'Oceania ("Anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre a mio agio con una minoranza", diceva in Caro diario). Allora anche un solo punto conquistato in un match può equivalere a una vittoria, ed è per questo che tutti esultano. Dall'altra parte il papa pare soffrire, secondo gli schemi della psicanalisi, di un deficit di accudimento, anch'esso una minoranza, forse d'affetto, di sua mamma che si è occupato più di qualcun altro. O forse della sorella, diventata attrice al suo posto. "Avevano ragione loro, non ero bravo". Diventare papa è un pò come diventare attore. Il simbolismo è fin troppo sottolineato, le tende svolazzanti simili a un sipario di un palchetto a cui nessuno si è affacciato. Il pre-finale è straordinario: la rappresentazione del potere e il potere della rappresentazione si incontrano. Il pubblico degli spettatori si confonde con quello dei fedeli, il papa venuto ad assistere alla rappresentazione come semplice spettatore viene applaudito come il vero protagonista. "E' un film sull'inversione, lo scambio dei ruoli" ha detto Moretti in un'intervista. Allora lo psicanalista chiamato per prendersi cura del papa diventa il personal trainer dei cardinali, il portavoce il deus ex machina dell'intera vicenda, la guardia svizzera l'ombra che deve rassicurare i cardinali della sua presenza, e così via. Se la semplicità un punto di arrivo e non di partenza, Moretti è riuscito in pieno a raggiungerla. Dietro un patina dove tutto sembra chiaro (splendida la nitida fotografia di Pesci) ha costruito film complesso ma non pesante, anzi fin troppo leggero e giocoso (motivo per cui in molti non hanno apprezzato) e con momenti surreali magnifici. Un capolavoro da riscoprire.