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HABEMUS PAPAM regia di Nanni Moretti

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     8½ / 10  20/04/2011 00:23:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il miglior film di Moretti, senza ombra di dubbio.
Una commedia di surreale iperrealismo: in questo apparente ossimoro si dispiega tutta la potenza del film che appaga occhi, cuore, cervello e interroga profondamente l'anima.
Il soggetto è semplicissimo: cosa succederebbe se un pontefice neoeletto si sentisse così inadeguato ad affrontare il proprio ruolo da rifuggirne?
Ci sarebbero state molte maniere per affrontare una domanda del genere: si poteva cadere nel macchiettismo e nella facile ironia (magari beffarda e corrosiva); oppure si poteva cadere nel pietismo di un (melo)drammone interiore; oppure, ancora, ne poteva nascere un'opera di confutazione teologica ad uso e consumo di pochi "funzionari della fede" addetti ai lavori. Nulla di tutto questo: miscelando con raro equilibro dramma umano, sottile ironia, una buona dose di umorismo e di solennità, Moretti confeziona una commedia straordinaria, sorretta da un immenso Michel Piccoli, che diverte, fa riflettere e stuzzica anche l'intelletto di chi avrà saputo cogliere i numerosi spunti polemici di cui è cosparsa. Ma è una polemica "delicata", suggerita, quasi sommessa, eppure potente e impietosa.
Da credente, poi, mi sono sentito interrogato su numerosissime questioni.
Ho trovato innanzitutto interessantissimo il confronto-scontro tra la Religione propriamente detta (in questo caso quella cattolica) con la "Religione laica" per eccellenza: la psicanalisi. Ironicissima la chiamata del professore-analista "migliore di tutti" al capezzale del Massimo Rappresentante dell'Ente che più di ogni altro ha combattuto la psicanalisi tentando di confutarne sempre le conclusioni: in una surrealissima seduta "pubblica", il Sommo Professore è costretto a chiedere permesso al Cardinal Camerlengo sui temi che potrà toccare col suo Illustre Paziente! Inutile dire che la seduta fallirà miseramente, mentre le debolezze umane di ogni prelato e del neoeletto Pontefice si dispiegheranno in tutta la loro potenza, coperte da un fideismo tanto pretenzioso quanto agiografico e "di rappresentanza". Nulla a che fare con la vera Fede, naturalmente, né con la più intima dimensione umana, entrambe schiacciate dai ruoli istituzionali che con identica protervia (mitigata dalle buone maniere di facciata) ricoprono la Chiesa e la Scienza, in questo caso la Psicanalisi. Godibilissime, a tal proposito, le frecciate che il professore e il Camerlengo (uno straordinario Renato Scarpa) si lanciano in tutte le occasioni in cui si trovano direttamente confrontati l'uno con l'altro. Ancor più godibile la sequenza della spiegazione dell'uso degli psicofarmaci come naturale conclusione della ben più drammatica sequenza precedente che ritraeva i cardinali impegnati con i loro tormenti e fantasmi notturni: basti ricordare per quanto tempo la Chiesa "bollò" i medicinali come "contronatura" salvo far curare in gran segreto i propri alti prelati e il Papa stesso con la nuova "diabolica" scienza.

Moretti non crede alla Chiesa "esperta in umanità" (come la definì in una celeberrima locuzione Paolo VI), ma non crede neanche alla Psicanalisi come "esperta in umanità"; Moretti crede negli uomini e nelle donne che qui dipinge con inusitata (per lui) benevolenza, in tutta la loro (cioè nostra) fragilità. E crede nella potenza dell'umiltà, cioè nella capacità di ognuno di noi di capire fin dove può arrivare e fin dove può assumersi responsabilità. La figura di questo Pontefice diventa così l'emblema della Fragilità Umana, l'emblema di chi è debole, di chi ha una Fede forse più piccola del celebre "granello di senape" di evangelica memoria.
Michel Piccoli dipinge il ritratto di una persona lasciata sola di fronte a una immensa aspettativa collettiva, una persona che ha già sperimentato il fallimento non riuscendo neanche a iniziare una carriera di attore e che ora, di fronte al compimento di una brillante carriera ecclesiastica, è ancor più sola e staccata dal mondo che lo reclama. Il parallelo col "Gabbiano" di Cecov è emblematico, così come la "standing ovation" che il Papa in abiti civili ottiene nel teatro in cui si rappresenta quella pièce il cui attore protagonista è un povero folle.
Ma la figura dell'attore ha un profondo significato teologico: Gesù infatti condanna proprio "gli attori" (nelle più comuni traduzioni evangeliche si è preferito rendere il termine greco con "ipocriti") e dunque il vero gesto di Fede che compirà questo Papa sarà esattamente quello di "gettare la maschera" e di abbandonarsi alla verità mostrando il suo volto in tutta la sua debolezza. Come ha fatto Gesù sulla croce.
In questo senso il film di Moretti è sorprendentemente "religioso"; non in senso istituzionale, beninteso, ma proprio perché sa cogliere quell'afflato, quella sete di verità che è insita in ogni uomo e in ogni donna. Verità che non può prescindere dalla piena accettazione della propria fragilità esattamente come quando Gesù gridò sgomento il suo senso dell'abbandono del Padre al momento della morte.
Non è un caso che nel film sia il professore che la ex-moglie, sia il Camerlengo sono i grandi sconfitti. E che paradossalmente la grandezza di questo ipotetico Papa stia proprio nell'assunzione piena della sua inadeguatezza e debolezza.
Certo, Moretti non ci risparmia l'evidenza di più di un miliardo di persone che sente il Santo Padre come un punto di riferimento imprescindibile: sono le pecorelle del gregge e forse lo sono in tutto e per tutto, ma non per questo le giudica o le condanna. Fa parte della nostra natura anche il non saper condurre la nostra vita in piena e consapevole autonomia; forse proprio per questo la maggioranza ha bisogno di un Pastore e di un "costruttore di ponti" (il Pontifex, per l'appunto). Ma qui si pone l'ulteriore problema: non basta un'elezione svolta in un luogo definito sacro per credere che Dio abbia indicato forzatamente qualcuno come Suo rappresentante; tantopiù se questa elezione è il frutto di umanissimi compromessi raggiunti per superare le impasses tra opposti schieramenti in Conclave.
Mostrandoci uno spaesato "Papa in borghese" in libera fuga tra le vie di Roma, Moretti ci suggerisce anche tutta la contraddizione di una figura istituzionale così pregna di responsabilità ma anche così distaccata dal mondo che dovrebbe guidare. Il neoeletto capisce di quanta umiltà e di dialogo abbia bisogno la Chiesa cattolica di oggi, tuttavia proprio quella breve esperienza di libertà lo conferma nella sua incapacità di poter condurre questo dialogo: riesce a malapena a tener testa al folle attore che in albergo sveglia tutti recitando "Il Gabbiano" prima di essere internato in clinica... se quella parte che lui conosce tanto bene non è in grado di distogliere l'uomo impazzito, figurarsi l'affrontare realtà che ignora (o meglio, che ha dimenticato per "evaporazione" nella sua mente) e che scopre ex-novo nel suo peregrinare senza meta precisa!

Non un film anticlericale, ma un film sulla necessità di riprendere coscienza della nostra piccolezza e sulla necessità di riscoprire nozioni e saggezze sedimentate nel tempo (godibilissima la scena nella quale il professore ravvisa tutti i sintomi della depressione leggendo un passo della Bibbia, a dimostrazione che nulla in realtà è stato scoperto che non fosse già stato scritto!).
Messe da parte le (apparentemente) necessarie "messe in scena", secondo Moretti l'unica speranza per un futuro migliore sta nel recupero della nostra autenticità. Qualunque sia il nostro ruolo sociale. Qualunque sia il suo costo.
jack_torrence  20/04/2011 10:03:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Commento notevolissimo, che vale come una recensione e a questo punto mi chiedo se ha ancora senso che ne faccia una io! :)
....l'unica cosa è l'incipit, non si può dire che questo sia senza ombra di dubbio il miglior Moretti, neanche come convincimento soggettivo...io ho scritto la stessa cosa nel commento (ma "probabilmente")...
Ciao Luca
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  20/04/2011 11:54:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
No Stefano, DEVI scriverla! Il mio commento non può essere considerato una recensione perché prescinde un po' troppo dal lato più squisitamente tecnico-artistico: il "problema" è che quando si affrontano i temi della Fede e delle scelte/coazioni interiori, mi si tocca un nervo molto scoperto e quindi parto per la tangente. Le tue suggestioni con i rimandi agli autori che hai citato nel tuo intervento anticipatore, poi, mi incuriosiscono troppo!!! :))
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  20/04/2011 00:45:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
beh a me pare che tutte le risposte a questo film comprese le rappresaglie pregiudiziali su Moretti regista le abbia date tu. E mi chiedo perchè un film fortemente polemico come quello di Olmi ("centochiodi") sia stato apprezzato dal Vaticano e questo no Perchè Olmi si è sempre confessato credente?
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  20/04/2011 01:04:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non so... Olmi ha fatto un film straordinario sul recupero di una visione "popolare" delle Scritture ma senza toccare la gerarchia; se il Vaticano si è veramente inc***to, vuol dire che Moretti ha centrato il segno, quindi... chapeau!
Pasionaria  20/04/2011 09:19:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si, chapeau a Moretti e chapeau al tuo commento, che ha colto ogni sfumatura del messaggio morettiano, veramente notevole
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  20/04/2011 11:55:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anche il tuo mi è piaciuto moltissimo.
amterme63  21/04/2011 22:58:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bravissimo Luca! Hai colto perfettamente tutti i significati e le sfumature del film!
Io aggiungerei come fondamentale anche la scena dell'autobus, quella in cui il Papa parla ad alta voce della Chiesa e del suo ruolo e tutti o lo ignorano o lo compatiscono come un po' spostato.
Questo la dice lunga come i messaggi siano ormai chiusi nei ruoli e valgano non per quello che sono ma dall'istituto che li diffonde. E poi se il Papa/Umile servo/Essere come noi non riesce nemmeno a farsi sentire, a scalfire il muro dell'indifferenza e della chiusura che caratterizza l'individuo della nostra epoca, allora vuol dire che non c'è più nulla da fare, che la Chiesa può implodere come rappresentato nel profetico finale.
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  22/04/2011 04:00:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Condivido in toto, carissimo Luca. Forse proprio per questo il Vaticano non ha gradito... se fossero meno permalosi e più intelligenti ne approfitterebbero per riflettere. Purtroppo, però, l'autocritica non abita più le "sacre stanze" da tempo immemore. Sì, una Chiesa così merita l'implosione; soprattutto a tutela di chi la Fede ce l'ha davvero.