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LO STRAVAGANTE MONDO DI GREENBERG regia di Noah Baumbach

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  10/04/2011 02:00:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se per cinema intendiamo una buona sceneggiatura, allora questo film ne ha una coi fiocchi, insomma è scritto benissimo, recitato anche meglio, vanta un plauso incondizionato per i dialoghi, così amari (ironia nerissima) e sarcastici da rasentare la perfezione. E' una buona commedia à la Rob Reiner per intenderci, anche se nelle intenzioni ricorda vagamente "Qualcosa è cambiato", un vecchio/nuovo film con Jack Nicholson. Ben Stiller non è certo un attore che mi ispiri simpatia, tuttavia stavolta ho pensato che mi avrebbe sorpreso, ed è stato così per molti versi. Ma nonostante uno splendido drive iniziale e un epilogo tutto sommato non compiacente, la regia è talvolta informale, univoca, ora si prende troppo sul serio ora - al contrario - sembra quasi che l'autore non sia del tutto convinto delle sue potenzialità. Per questo il film, che non è facile e non ha certo un ritmo scoppiettante (ehm vien voglia di prenderli sul serio, i ragazzi di un party, quando reclamano la musica dei korn o degli Ac/Dc) risulta complessivamente monotono e un pochetto snob, talvolta fin troppo invadente nelle sue derive autoriali.
Eppure questo Greenberg merita un plauso convinto, perchè al di là delle sue cadute di tono mette in scena la maschera dell'irrazionalità - più che dell'idiozia - e pure una feroce cattiveria che maschera l'insicurezza di non essere mai capìti fino in fondo. L'impegno del protagonista è commovente quanto le sue gaffes, ma non è certo peggio del fratello pronto a insediare un albergo nel Vietnam, che continua a trattarlo alla stregua di un fannullone psicolabile.
Oltretutto, qui si parla di un tema (la salute mentale) con un coraggio oserei dire raro per il cinema (o del crollo emotivo che può accadere a chiunque?!).
La scena del party, con la filosofia ermetica e forse brutale di Greenberg - con il suo patetico bisogno di aspirare a una giovinezza con vent'anni di ritardo - è emblematica.
Un personaggio che può irritare o far sorridere, ma resta nello spettatore il bisogno anche disagevole di capirlo.
Perchè nella sua chiusura c'è anche quel desiderio di mettersi in mostra che lo rende un anonimo dei nostri tempi, un outsider in fondo coerente con i suoi limiti espressivi
Satyr  11/04/2011 12:54:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ottimo commento Luca, quoto tutto!