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LO STRAVAGANTE MONDO DI GREENBERG regia di Noah Baumbach

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Mauro@Lanari     8 / 10  07/10/2019 17:03:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il lato positivo di questo film rispetto a "Il lato positivo" è che non ostenta ruffianamente alcun univoco lato positivo. Lei è bella o brutta? Lui è simpatico o antipatico? I dialoghi sono banali o intelligenti? Los Angeles è o no una location consona e adeguata? Come mai lui ha l'esclusiva del titolo a scapito di lei? Si tratta d'un dramma camuffato da commedia o viceversa? Ottimo: proprio come la vita, regista & consorte s'ostinano per l'intera pellicola a fornire risposte ambigue, ambivalenti, più di preciso: complesse. Non s'è mai sempre solo belli, brutti, simpatici, antipatici, banali, intelligenti, drammatici, commedianti, ecc. Indecidibilità postmoderna, teoria del caos, un'opera degna del Santa Fe Institute. "Io avrei voluto incidere quel disco". "Ma noi non saremmo mai sopravvissuti in un'etichetta importante con quei vincoli". "Come càzzo fai a saperlo?" "Perché non funziona così il mondo". "Ma che cosa ne vuoi sapere tu di qual è il modo in cui funziona il mondo?" [...] "Che cosa vuoi che ti dica, eh? Che vuoi che ti dica? Come... I... Io non avevo idea che sarebbe stata l'unica offerta. Non credevo di avere il potere di bruciarla. Io credevo che stessimo soltanto esprimendo le nostre idee. Io credevo... Càzzo, non credevo che proprio io avrei mandato la band in mille pezzi. Sai, forse ovviamente mi sarei comportato in modo diverso oggi. So cos'è vivere una vita diversa da quella che avevi in mente. Che càzzo di vita pensi che stia vivendo adesso?" Eccellente esempio dell'effetto Lorenz: sistemi sensibili alle condizioni iniziali, basta una variazione anch'esigua e si modifica del tutto la traiettoria a venire. E nessuno ha ancora trovato come gestire, governare, amministrare questo nuovo livello di consapevolezza sulla natura profonda dell'esistenza. In "Greenberg" i personaggi principali vivono una crisi costante, una persistente incapacità decisionale, i 25enni come i 40enni, non è una questione di puer vs senex ma una propensione attitudinale, indipendente dall'età anagrafica, a percepire il problema stesso. Altrimenti feste da sballo con coca e Korn diventano per chiunque, giovani e attempati, i nuovi (?) sintomi di superficialità ed escapismo. Il film termina mozzato, troncato, aperto fino a spiazzare: non ha soluzioni da offrire ("Io voglio non fare niente. Non faccio niente per scelta") poiché comunque è già l'esistenza che decide al posto nostro ("Io non guido la macchina"; "Mia nipote. Ha quattro anni. Le ho preso questi burattini per il suo compleanno": https://i.imgur.com/Vqc8k2m.jpg), così si limita a esporre e mostrare, e in ciò potrebbe proseguire all'infinito, suggellando il senso di sospensione che pervade ogni scena ("Uno strizzacervelli mi ha detto che ho problemi a vivere il presente e indugio sul passato perché so in realtà di non averlo mai vissuto davvero"; "Il mondo mi fa arrabbiare così tanto, lo sai? Se sapessi a chi scrivere una lettera sulla stupidità del mondo lo farei"; "Chi è ferito finisce per ferire. È scontata, lo so"). Forse il vero difetto dell'opera è che i protagonisti sono egoticamente troppo presi dal far sopravvivere il loro microcosmo per interessarsi anche d'altro, degl'altri, dell'Altro, del macrocosmo e di quanto li circonda. Ps: considerata la collaborazione fra Baumbach e Wes Anderson, non ritengo che quest'ultimo abbia mai raggiunto simili livelli qualitativi. Anderson è ben più intento a forgiare e sfoggiare un proprio stile invece di mettersi al servizio dei suoi film con un atteggiamento tanto dimesso e sotto le righe.

Mauro Lanari e Orietta Anibaldi