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LA FINE E' IL MIO INIZIO regia di Jo Baier

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6 / 10  01/04/2011 21:03:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Capita raramente, soprattutto nel cinema italiano - perchè questo film è almeno parzialmente una produzione italiana - di riflettere, dopo tanti film sulla paura della morte, sul distacco terreno come forma serena di abbandono corporale. Il pretesto è dato dalla biografia di Tiziano Terzani, reso magistralmente - anche se con un certo gigionismo - da Bruno Ganz. Lo confesso, gli asceti non mi hanno mai ispirato grande simpatia, e neanche l'onestissimo tributo a Terzani di questo film è riuscito a farmi cambiare idea. Dirò di più: ha aumentato la mia diffidenza. Non mi colpiscono gli "illuminati" che seguono l'uomo tentando invano di condurlo nella retta via, semmai ne posso subire (indirettamente) un certo fascino (per le scelte di vita e per le mirabolanti avventure della loro esistenza). La critica è andata facilmente in visibilio. Ben venga un film come questo, a muovere i riflessi e i pensieri di un mondo così lontano/così vicino (per dirla alla Wenders), soprattutto se allo spettatore italian... ehm occidentale piace cullarsi al suono didascalico e forzatamente poetico del Panteismo. Non a caso Mauro Corona vende parecchio). Ma alla fine mi chiedo il perchè di un film così. Perchè il riflesso incondizionato della storia nei racconti di Terzani/Ganz è un'atto di coraggio, ma raramente il film riesce a infondere la profondità umana che si prefigge.
Ci sono sequenze che vorrebbero essere metaforiche (cfr. il figlio che sale su un albero, il drappo rosa dove sono raccolte le ceneri di T.) e al massimo spingono lo spettatore a crogiolarsi nella suggestione delle immagini - senza contare gli splendidi scenari dei monti Pistoiesi. Ci sono scelte linguistiche - piuttosto artificiale e confusa l'opinione su Mao-Tse Tung e il comunismo cinese, nel pensiero di Terzani - e stilistiche (il fastidioso commento sonoro new age) troppo semplicistiche e ovvie anche per un film del genere.
Forse sarebbe stato lecito il supporto di un'altro grande tedesco, il regista Werner Herzog, che avrebbe fornìto il soggetto di meno elegia e maggior carne al fuoco. Il film è "solo" interessante, così onesto da mangiarci dentro, ma temo di aver respirato la prospettiva di un'ottima occasione in parte sprecata