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CONFESSIONS regia di Tetsuya Nakashima

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8½ / 10  13/11/2014 10:12:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una confessione dinnanzi la classe al gran completo, questo il mezzo attraverso il quale la professoressa Yuko Moriguchi esprime l'imminente commiato ai suoi studenti.
In mezzo alle frasi di congedo si fa largo un racconto struggente, inerente un omicidio atroce con vittima una bimba di appena quattro anni. Yuko non è altri che la madre della piccola e il suo desiderio di giustizia monta verbalmente pacato nei confronti dei responsabili del crimine, due alunni tredicenni ovviamente presenti in aula.
La vendetta dell'insegnante prende consistenza tra lo stupore generale andando ben oltre quel latte ingurgitato all'inizio della pellicola e vero motore di ogni evento.
Il piano consta nel favorire un gioco al massacro sadico e crudele, mirando a punire senza alcuna pietà chi si è macchiato le mani di sangue innocente. Da qui nasce la prima delle tante problematiche proposte dal film, in questo caso ponendo l'accento su una legge evidentemente troppo permissiva nei confronti dei minori rei di atti particolarmente efferati sul suolo giapponese.
Voce fuori campo e ralenty abbondano a dir poco, mezzi altrove fastidiosi che invece nell'ambito dell'idea estetica/narrativa di Tetsuya Nakashima diventano artifici ideali per sciorinare una storia di malessere generazionale sublimata da un manierismo tecnico mai irritante.
I temi dominanti vanno dal dolore della perdita all'abbandono, finendo poi nell'alienazione sociale con l'urgenza non solo di essere accettati ma di primeggiare. Di spiccare in una società sempre più competitiva in cui l'aggressività (il bullismo non è proposto per caso) la fa da padrona.
Thriller magistralmente orchestrato da un montaggio spesso ricorrente al flashback, ma anche pellicola di impegno civile con il suo sguardo nichilista rintracciabile nelle parole dei protagonisti.
La reazione a catena prevista da Yuko affastella colpi di scena scandagliando le psicologie dei ragazzi e il contesto in cui sono nati e cresciuti, portando a galla un gorgo di disperazione perfettamente reso dalle tonalità dark di una fotografia pallida, irriconoscibile se confrontata con i vivaci eccessi pop di alcune opere precedenti del regista.
Nakashima mette a nudo i suoi personaggi, li offre allo spettatore in maniera spietata attraverso cinque confessioni in cui il fallimento sembra il comune denominatore di ogni vita.