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IL GIOIELLINO regia di Andrea Molaioli

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andreapau     6 / 10  07/03/2011 10:43:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come ne "La ragazza del lago", Andrea Molaioli sceglie la provincia per raccontare come l'ossatura portante del sistema Italia affondi salde radici anche al di fuori dei centri nevralgici del potere.
Che sono soltanto la punta dell' iceberg o un capro espiatorio cui rivolgere i nostri strali e la nostra indignazione nei momenti di difficoltà, ma in realtà frutto legittimo di occhi che si chiudono, strette di mano che si lavano l'un l'altra, omaggi alla moglie del finanziere, devozione a Dio Patria Famiglia, ostentazione della Tradizione quale valore aggiunto (nonostante sia oramai un valore sottratto).
Saldate in maniera indissolubile e complice attraverso il rito dell'Apparenza che si traveste da Sostanza, fino a sostituirla come fosse un lacciuolo ingombrante.
Estremamente rassicurante nella sua quotidiana normalità, nelle paste la domenica al bar dopo la messa, i 15000 euro al mese e vacanze pagate del manager cresciuto in loco e sposato con ragazza RIGOROSAMENTE dei paesi suoi, nello stile di vita parco e morigerato e anche nell'ovatta che protegge figli mammoni viziati con la Ferrari ma incapaci di chiamarsi un taxi da soli, nel rifiuto dell'IMPRENDITORE a farsi chiamare TYCOON, perchè in fondo rimane uno di noi e se ce l'ha fatta lui perchè non dovremmo riuscirci noi?
L'importante è ADEGUARSI perchè nessuno ha interesse a snidare la polvere da sotto il tappeto...troppo faticoso, troppo pericoloso.
Anche smuovere un granello potrebbe provocare IL crollo.
E' una istantanea impietosa di un sistema che ci vede tutti coinvolti, una rappresentazione del dna del nostro paese e una risposta al perchè nulla puo' cambiare.
E' una fotografia senza contraffazioni, che mostra il rifiuto di un intero popolo a crescere, a prendersi delle RESPONSABILIATA', coccoloato e vezzeggiato da padri della patria che privilegiano la furbizia ai danni dell'intelligenza, l'approsimazione al rigore,che disprezzano la moralità, che ti mandano a "prendere" il caffè quando cominci a fare domande ovvie ma scomode.

Queste sono le riflessioni che la pellicola suscita se si dispone di mezzi di elaborazione sufficienti e conoscenza degli accadimenti.
In assenza di questi requisiti il film soffre di una notevole "zoppìa" comunicativa, a mio avviso un difetto imperdonabile per quella che potrebbe essere una docu-fiction.
Suggerisce (ma elabora frettolosamente,superficialmente,didascalicamente) il dramma legato alla "sprovincializzazione" della impresa italiana e al suo ingresso nel mondo dei "grandi" (o finanziario) , il mutamento degli equilibri di potere,il passaggio di testimone tra referenti politici, il devastante ingresso della criminalità nel salotto buono e paradossalmente che i "comunisti di m e r d a" ci hanno danneggiato piu' in veste di ex-marxisti (ovvero oggi) che quando occupavano Ungheria e Cecoslovacchia.
A testimonianza della debolezza di un sistema (quello capitalista) che puo' vivere soltanto sul sopruso e la disuguaglianza elevata a dogma,anche nelle sue forme piu' "eticamente accettabili".
Suggerisce,dicevo...ma suggerisce a chi sà,a chi conosce già.
La narrazione è zoppicante,non brillante (forse per scelta voluta di conservare il carattere provinciale,dimesso, "contadino" della imprenditorialità italiana che NON riesce a cambiare nel mondo che cambia,a sottolinearne la sconfitta),poco documentaristica e nel contempo poco "fictionata",con dialoghi "apocalittici" di poca verosimilità e spessore.
Bravo ma meno convincente del solito Servillo,che tratteggia un arido ragioniere che non vuole "diventare dottore perchè rimane un ragioniere",innamorato convivente dell'azienda,che erige un muro tra sè e qualunque affettività distraente.
Fastidioso ma bravo Girone,credibile come vecchio piagnone ipocrita,barracuda in (suo malgrado) una vasca di squali e a mio avviso deludente l'attrice che interpreta la nipote.
Interessante il finale,molto profetico:

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