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CROCEVIA DELLA MORTE regia di Joel Coen, Ethan Coen

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     7½ / 10  24/05/2011 02:35:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Al loro terzo approccio con il cinema - dopo essersi cimentati con il neo-noir in Blood Simple e con la commedia nel divertentissimo Arizona Junior - i Coen si misurano con l'ambiente della mafia americana dell'epoca della Grande Repressione e del Proibizionismo (anni '20/'30), e lo fanno nel loro solito modo spiazzante ed anticonvenzionale. La volontà di rompere gi schemi imposti dalle grandi opere del genere si manifesta sin dalla prima inquadratura, omaggio alla scena d'apertura de Il Padrino, dove ad un riverente e misurato Bonasera che chiede vendetta per sua figlia al grande Don Vito Corleone, si sostituisce Johnny Caspar (uno spettacolare Jon Polito), buffo boss italo-americano, accompagnato da un gelido tirapiedi, che chiede al vecchio boss irlandese Leo di permettergli di uccidere l'ebreo Benny Birnbaum per averlo fregato. E l'ironia continua per tutto il film, tra parentesi umoristiche quando non del tutto comiche (moglie e figlio di Jon Polito fanno sdraiare), gangster omosessuali, sindaci cacciati dai propri uffici dai mafiosi e marcantoni incapaci di picchiare.
Un'intricata storia di tradimenti, amore e fedeltà giocata tutta attorno all'interessante character protagonista di Tom Regan (un ottimo Gabriel Byrne), un gangster che fa il verso ai grandi personaggi del noir pur stravolgendone le caratteristiche: dominato dall'insicurezza, rassegnato alla solitudine, imprigionato dalla sua stessa condizione, ma sempre fedele alla propria "etica" - altro concetto sul quale i Coen sviluppano la loro ricerca dell'effetto straniante (come si può parlare di etica in un ambiente come quello mafioso?).
Molto bella la fotografia di Barry Sonnenfeld, aficionado dei Coen (terzo loro film e terza sua collaborazione con loro) che rinuncia ai suoi amatissimi grandangoli per concentrarsi sull'uso delle luci, studiate per creare un'atmosfera grigia (quando non oscura) attorno ai propri personaggi.
Bella e brava anche Marcia Gay Harden (merito anche dei ben realizzati costumi) che ispirandosi alla Jean Harlow di Nemico Pubblico di Wellman - parole sue - sa plasmare la propria figura affascinante di dark lady.
Anche all'inizio della carriera i Coen si rivelano capaci di sbattersene delle etichettature critiche e di genere, e di proporre il proprio nuovo e personale stile - è proprio per questo che, tranne qualche rara pisciata fuori dal vaso (vedi Il Grande Lebowski) a mio parere possono essere considerati fra i più importanti registi statunitensi degli ultimi tempi.
Invia una mail all'autore del commento Zazzauser  28/05/2011 03:09:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
*Grande Depressione

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