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NON LASCIARMI regia di Mark Romanek

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     8½ / 10  28/03/2011 16:41:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una svolta nella scienza medica, risalente al 1952, da' la possibilità ai dottori di sanare malattie incurabili. La conseguenza di tale conquista ci viene descritta da un racconto a ritroso condotto dalla 28-enne Kathy H. (la talentuosa, "blindata" e perfetta Carey Mulligan). Badante da un paio di lustri di pazienti un po' speciali, ragazzi che cedono "qualcosa" in cambio della compagnia e del suo sostegno morale, Kathy ripensa ai tempi della frequentazione del college di Hailsham e ai compagni Tommy D. (un viscerale Andrew Garfield) e Ruth (un'impulsiva e sofferente Keira Knightley). Rivede i disastri che Tommy combinava con lo sport e il disegno, i recinti insuperabili della scuola, la rigidità comportamentale dei docenti, il controllo di una situazione che solo adesso appare ostinata e soggiogante.

Una repressione che passava anche attraverso una finta moneta, con la quale poter comprare qualcosa di virtuale o semplicemente inutile. L'illusione "regalata" ai ragazzi si traduceva in oggetti mezzi rotti: bambole senza braccia, ceramiche frantumate, audiocassette ingiallite, delle quali una molto romantica inneggiante al sentimento più nobile. I giovani studenti, però, erano fasciati da ben altre strette: quei braccialetti elettronici, apparati futuristici distintivi, che stonavano con l'ambiente rurale e semplice dove conducevano le loro esistenze; imitazioni simboliche disumane di un domani che potrebbe essere il presente di Kathy, e forse anche il nostro.

Gli educatori di Hailsham, interessati a una vita che potesse spingersi oltre ogni limite, reclamavano non a caso la robustezza fisica dei loro allievi, aiutandoli con l'assunzione di verdure e negando loro le sigarette. La conservazione siffatta nascondeva qualcosa: gli scolari non erano altro che duplicati generati senza padre ne' madre, incalzati da una copertura medica quasi ossessiva che si compie quando gli stessi vengono messi a far parte di un feroce gioco cannibalesco. I "doni della morte" sono salvifici eppure sempre e soltanto, per forza di cose, temporanei. Chi salverà chi? Chi, tra le due etnie ormai distinte (donatori e riceventi), vivrà meglio e più compiutamente?

L'esplosione di un sentimento, ricchissimo di sfumature, probabilmente non previsto e così fantasticamente esorbitante da distruggere qualsiasi limite, rischia di minare gli esperimenti. L'Amore non riesce a fingere, nemmeno nelle piccole rappresentazioni teatrali volute dalla docente più sincera. Ma il destino è rigoroso, e cerca di abituare al grigio il DNA dei tre protagonisti, uno dei quali vittima di un erotismo manipolato e schematizzato dalla lettura di riviste pornografiche. Il fato si appoggia sugli sguardi di compatimento delle persone più grandi, che già conoscono il terribile avvenire di quegli esseri innocenti i quali si scoprono arenati, come barche su una spiaggia a due passi dal mare.

Nel suo pre-sentimento allarmistico e cupo, Romanek attinge dal romanzo di Ishiguro e dirige con singolare gradevolezza, componendo quadri a ogni scena, fissando la MdP in angoli inusuali e rendendo la forma del film così aperta che la nostra curiosità non può far altro che crescere, attendendo sempre un episodio illuminante e rivelatorio. Partendo da un terzetto d'attori eccezionali, a cui si aggiunge Charlotte Rampling (artista leggendaria e messaggera di un'Arte che non può redimere), l'estroso regista rende mirabile l'idea del trascorrere del tempo, attraverso stacchi morbidi che poi si manifestano improvvisi e brucianti nell'animo dello spettatore. Peccato per l'ultima parte, forse un po' troppo decifrata, che corre il rischio di circostanziare un'opera per definizione inafferrabile.
jack_torrence  28/03/2011 22:25:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questo commento, che praticamente è una recensione, è particolarmente bello. Non solo lo condivido, ma è scritto davvero bene, e in più aggiungi tasselli fondamentali alla comprensione del film.
Nell'ultimo paragrafo ho apprezzato moltissimo quel che dici sulle scelte di inquadratura e sulla forma del film "così aperta che la nostra curiosità non può far altro che crescere, attendendo sempre un episodio illuminante e rivelatorio" (infatti non mi sento d'accordo con chi critica il film per la rivelazione iniziale che arriverebbe troppo presto. "Non lasciarmi" lascia costantemente qualcosa in sospeso, in attesa di essere detto o capito. L'esempio maggiore è forse la verità in merito alla funzione della galleria d'arte).
Soprattutto ti ho apprezzato quando dici: il regista "rende mirabile l'idea del trascorrere del tempo, attraverso stacchi morbidi che poi si manifestano improvvisi e brucianti nell'animo dello spettatore". L'uso delle ellissi è davvero notevole.
Complimenti.
Invia una mail all'autore del commento pompiere  29/03/2011 01:31:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ti ringrazio davvero, ma mi piace di più il tuo (e quello di kowalski).
Porto ancora addosso la forte emozione causata dalla visione del film, e ho come l'impressione di aver "raggelato" troppo il mio commento, con esempi/oggetti/scene tratte dal film nel tentativo di tradurre il più possibile questa bellissima esperienza cinematografica :-)
E poi mi viene in mente adesso un parallelo con Carax che nella concitazione devo aver lasciato per strada...
jack_torrence  30/03/2011 15:23:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma il "raggelamento" di cui parli, del tuo commento, è, da un certo punto di vista, estremamente professionale - e occorre a valorizzare obiettivamente il film. L'amore per un'opera d'arte ha bisogno di razionalizzazione per essere trasmesso nero su bianco ;)