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ENTER THE VOID regia di Gaspar Noč

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marcogiannelli     8 / 10  01/02/2016 12:24:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
condivido con voi la recensione di un amico che condivido in toto e che rispecchia il mio pensiero:
"per un'ora ho creduto di avere davanti il più bel film che abbia mai visto. Tecnicamente, narrativamente e visivamente un tutt'uno, un'esperienza che nessun'altra pellicola mi aveva regalato prima.
L'uso di tutti i tipi di soggettiva esistenti, quella classica dei primi minuti e di tutti i viaggi "post mortem", la falsa soggettiva che ci strania più di una volta e poi la pseudo soggettiva dei ricordi, quella con la quale ripercorre tutta la sua vita, fino a un bar, fino a un bagno, fino ad uno sparo.
Addirittura abbiamo la soggettiva della pseudo soggettiva perchè mentre viene usata quest'ultima le palpebre continuano a sbattere. Una cosa mai vista.
Lui che scende le scalette esterne con l'amico.
E il piano sequenza di lei che scopa col giapponese con quel volo sopra tutta Tokyo che va a cercare l'amico che la chiama per poi tornare su di lei che non risponde, mamma mia, dio mio. La prima ora di Enter the void è il più importante tentativo recente che il Cinema ha fatto di mostrarsi onnipotente. tecnicamente forse la più grande opera moderna. Una fotografia pazzesca giocata sulla psichedelia, sui neon, sulle distorsioni. E quell'uso del montaggio poi, sempre per analogia, dei seni, delle lapidi, delle frasi che tornano, è un montaggio che pare freddo quando freddo non è perchè è il montaggio dell'anima, del cuore, un montaggio emotivo che lega indissolubilmente diversi momenti della propria vita.
Poi il film si perde.
E per un'ora buona elimina Oscar che diventa solo un occhio che segue la sorella, gli amici, le paure e i dolori che la sua morte ha scatenato. Diventa un thriller come tanti, solo visto da una prospettiva originalissima. Ma il gochino inizia a stancare, le riprese aeree si fanno troppo ripetute, la magia di quel montaggio emotivo della prima ora si perde del tutto.
Noè non ha avuto il senso della misura, ha creato un capolavoro che poi non è rimasto tale perchè ha aggiunto cose per esserlo ancora di più.
Meno male che nell'ultima mezz'ora il livello torna ad altitudini pazzesche.
Uno di quei film che se esistesse una sindrome di Stendhal cinematografica te la farebbe provare più volte.
Sembra di leggere Burroughs, di vedere Lynch, di aver preso noi stessi qualche sostanza.
E tutto fa da tramite tra un ricordo e un altro, tra un luogo ed un altro. Ogni buco, ogni oggetto, ogni piccola cosa diventa portale"