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THE FIGHTER regia di David O. Russell

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6½ / 10  11/03/2011 23:48:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come si fa a non amare un film dove un uomo si vergogna di camminare nel suo quartiere dopo una sconfitta sul ring? (rettifico come si fa a non amare un uomo così?). E come si fa a non amare un film dove, in una straordinaria sequenza, un ex pugile fallito e detenuto in un carcere assiste inerme a un documentario tv che esalta nientemeno che il suo fallimento umano piuttosto che le (eroiche) imprese sportive del passato? Ti porti addosso il volto scavato di Christian Bale e una colonna sonora da urlo (Whitesnake, Led Zeppelin, Hall § Oates, Aerosmith, se non sbaglio pure i T-Rex) e la sensazione che la boxe sia lo sport più bello del mondo, e puoi essere pienamente soddisfatto della visione.
Tuttavia... tuttavia il film prodotto da Anorofsky (che come sappiamo doveva pure dirigere) risulta nel complesso troppo schematico e ridondante, frammentario e, sì, decisamente retorico. Intendiamoci, è una retorica, quella dell'uomo che cerca il suo riscatto (la sconfitta dell'avversario e la propria vittoria ai round) che strapiace e supera ogni perplessità, nonostante un'epilogo finale, diciamolo, francamente disastroso.
L'altra perplessità riguarda le interpretazioni dei due attori protagonisti: la contrapposizione tra Christian Bale-Nicky e Mark Wahlberg-Mikey, tra il bulletto scoppiato ma pieno di vitalità e il riflessivo gentleman "fautore di un micidiale pugno sinistro" è tecnicamente inaffidabile, per non dire grottesca.
Ora io non so se Bale avesse mai avuto un'esperienza di boxeur ma nei panni dell'ex pugile tossico e fallito le rarissime volte che implode con il suo pugno è tecnicamente più forte del blasonato fratellino.
Wahlberg-Mikey è un personaggio interessante sulla carta, perchè affidato tutto al suo bisogno riflessivo di separarsi dal nucleo familiare e al tempo stesso di non perdere quell'affetto ricattatorio che tuttavia prevale tuttavia negli incontri sul ring denota il disagio hollywoodiano del divo alle prese con l'impegno arduo di mettere alla prova la sua fisicità. Non è più, diciamolo, il rapper forzuto che faceva pubblicità alle mutande di Calvin Klein.
Film scandalosamente glamour, "The fighter" resta complessivamente un buon film (mancato?) che riesce ad essere persuasivo per almeno quattro elementi determinanti: la scena di Bale al carcere davanti alla tv, l'amarezza di Wahlberg dopo una sconfitta, i cinque minuti iniziali à la Spike Lee quando faceva davvero Spike Lee, la comunità stretta attorno a uno o due "miti locali", mettiamoci pure l'inusitata violenza dei cops in un momento che provocatoriamente rimanda a Rodney King e ai misfatti di L.A. di circa vent'anni fa.
Ma il tutto sembra nuovamente esaltare la forza del singolo smussando gli angoli, senza troppe concessioni alla finezza di cui proprio Anorofsky è un abile maestro.
Diciamo allora che più che esaltare i valori del riscatto morale il film tende a incentivarne altri, come la forza impulsiva e diretta della boxe, quella per cui forse neanche la tecnica è sufficiente, ma fa parte di una certa visione della vita.
Nel miraggio tra entusiasmo e delusione, non riesco per questo ad esprimere compiutamente un 7