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CANE DI PAGLIA regia di Sam Peckinpah

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     8 / 10  20/03/2011 01:15:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Cane mangia cane, Hayes" (Paolo Bonacelli a Brad Davis in "Fuga di Mezzanotte"): mi è subito venuta in mente questa citazione del gran film di Parker. In effetti sembra riassumere bene uno dei concetti chiave di questo inquietante thriller sull'istinto primitivo e bestiale di violenza insito nell'uomo che è Cane di Paglia di Peckinpah.
Fino a che punto si può forzare la pazienza e l'autocontrollo di un piccolo, quieto e metodico professore di matematica della middle-class americana? Si può davvero infrangere gli occhiali di David Sumner, simbolo della sua inoffensività, senza subirne le conseguenze?
Il messaggio di Straw Dogs è che tutti hanno un punto di rottura: non esistono cani di paglia, oggetti inermi su cui sfogare deliberatamente la propria sete di sadismo e di tortura contando sulla loro totale passività - ogni pecora può diventare lupo, ogni preda predatore, se violata nella propria privacy, nell'intimità della famiglia (lo stupro della moglie) e della casa (l'assedio alla propria abitazione).
Prendendo lo stretto necessario dal soggetto, il romanzo The Siege of Trencher's Farm di Gordon Williams (che mi pare fu definito "vomitevole" dallo stesso regista), Peckinpah intesse un crudo saggio antropologico sulla violenza di cui è pregna non solo la nostra società, ma la natura stessa dell'uomo - un film che sull'argomento non ha nulla da invidiare al capolavoro di Kubrick uscito lo stesso anno. E' stato giustamente notato come Peckinpah riversi la propria misoginia nella pellicola, facendo della provocazione femminile (il darsi/non darsi di Susan George, la "puttanità" della giovane nipote che ci prova con lo scemo del villaggio), se non il motore - come la censura più convinta volle far credere - perlomeno il catalizzatore della parabola di morte che si evolve lentamente ma inesorabilmente per quasi 3/4 film per poi sfociare in tutto il suo orrore negli ultimi 20 minuti al cardiopalma.
Ma a dir la verità la vera scintilla che scatena il fuoco è la stessa "incursione" del personaggio di Hoffman in quel mondo rurale della Cornovaglia così lontano dal fermento culturale ed intellettuale degli Stati Uniti di fine anni '60 di cui lui è emblema: lui è il "diverso", quello che come nelle novelle di Verga arriva suo malgrado a rompere lo stato di torpore della comunità e a scatenare le vicende.
Mi stupisce che la critica britannica non abbia reagito con eccessiva indignazione nel vedere dipinti gli inglesi, in maniera forse un po' troppo parossistica (e parodistica), come dei bifolchi ubriaconi stupidi e lussuriosi, come invece fece l'opinione pubblica turca all'uscita di Midnight Express (tanto per tornare al parallelismo fatto prima).
Con il suo consueto stile sanguigno ed esplicito Peckinpah costruisce una sorta di western dei nostri tempi (il rimando poi viene ancor più naturale se si pensa a Il Mucchio Selvaggio) che ci illustra come gli uomini, in fondo, non siano altro che animali, il cui combattimento reciproco è motivato solo dalla volontà di dimostrare la propria supremazia tramite la conquista del territorio e della femmina altrui