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MARIA FULL OF GRACE regia di Joshua Marston

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6 / 10  14/01/2005 12:32:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
I "corpi estranei" della protagonista appartengono a un'etica nè laica nè religiosa, ma all'assoluta imparzialità del disagio sociale, mentre il feto, quello vero, sopravvive e comunica - attraverso il battito cardiaco - una speranza di continuità, di un'esistenza migliore Mai troppo crudele e compiaciuto, vagamente Loachiano a un primo impatto, l'esordio del regista raffigura una Colombia in bilico tra sacro e profano, tra una maternità /scelta sofferta e il mercato dei narcotrafficanti. Per certi versi, nonostante l'aspetto religioso del film sia affidato più a un simbolismo astratto (il corpo di Maria mai violato, come nelle prime sequenze, quasi casto nella sua bellezza acerba, e un attimo dopo è grembo, madre, nutrice di un figlio e di bacelli tossici... ) che concreto, l'impasse tra una nuova vita e la morte, tra il bene e il male, l'esilio affettivo (la ricerca della sorella da parte dell'amica) e lo sfruttamento delle "mule" ricorda il controverso film di Schoeder "la vergine dei sicari". Nell'impatto con un corpo che porta con sè soprattutto i frutti proibiti di un viaggio, Marston è a tratti straordinario - soprattutto nella sequenza nell'aereo, dove per pochi minuti emblemizza tutto il tormento di un vettore fisico che diventa condizione degradante e umiliante dell'universo femminile Tuttavia, raramente il film funziona allo stesso modo: l'agiografismo di un'America come "Mondo perfetto" lascia a desiderare (scegliere New York come ennesimo emblema di una Democrazia ideale sembra ancora una volta il classico tema dell'erba del vicino e non certo in relazione alla canapa), i controlli di sicurezza all'aeroporto sfociano nel ridicolo, e persino l'integrità forzata del personaggio quando decide di devolvere i soldi per la sorella dell'amica risultano decisamente forzati. Nel suo naturalismo essenziale e razionale, il film rischia più volte di perdersi in un'accusa prigioniera della propria resa, mai davvero brutale per indignarsi nè realmente passiva per ridurre lo spettatore in strumento visivo privo di emozioni o prese di coscienza. Eppure imprime forza e coraggio nel personaggio, il suo stoicismo addattato agli specchi davvero crudeli dell'esistenza sociale, delle scelte anche difficili e sbagliate che si fanno per disperazione e bisogno... Marston difende perciò l'ideale antiabortista come è giusto che sia finendo per strappare all'incoscienza la sopravvivenza di una scelta vera, l'unica per cui valga la pena realmente di combattere e lottare anche se da soli... Il figlio che verrà, specchio di un'altro futuro, o anche pretestuoso - e certamente sacro emblematismo - di un modo convenzionale ma radicato di rappresentare la donna come "benedetta nel frutto del suo seno"
maremare  25/07/2005 10:10:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
kow, come mai un voto così basso?
il commento è come al solito perfetto, nn sono solo daccordo con le critiche fatte alla sceneggiatura, che trovo ottima!