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RABBIT HOLE regia di John Cameron Mitchell

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     7½ / 10  15/02/2011 16:45:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo gli approcci percettivi di Eastwood e quelli più tangibili di "Kill me please", ecco ancora una volta la morte al lavoro su un set cinematografico. Quest'anno è iniziato con una serie di pellicole funeree che ci han messo in contatto con quella parte del mondo che, seppure invisibile, cammina accanto a noi, talvolta incomprensibile, talaltra affabile e quasi circoscrivibile.

In "Rabbit hole", la madre Rebecca/Nicole Kidman ben "sparisce" in un ruolo disadorno, facendoci dimenticare il lato di stella glamour del cinema, e il padre Howie/Aaron Eckhart risulta altrettanto efficace e misurato nel ruolo di secondo volto della sofferenza. A Rebecca non basta aggrapparsi al fato, all'autocommiserazione e a improbabili disegni divini per dare una spiegazione di senso compiuto alla perdita del figlio di quattro anni.
La donna è vittima della metodicità: si chiude in tempi e luoghi conosciuti nei quali sa dove mettere i piedi, rifugge gli inviti a cena dei vicini che si "permettono" di ridere e divertirsi, scappa dal confronto con altri che hanno subìto la sua stessa perdita. Incanala nel modo sbagliato rabbia e frustrazione, assumendo comportamenti contraddittori: prepara festosa la torta di mele, ma non lesina giudizi al vetriolo sulla sorella incinta e la madre, si avvicina a colui che è stato causa dell'incidente stradale che ha ucciso il piccolo Danny e tiene lontani i conoscenti di una vita.

Irriconoscibile lo stile e l'approccio di John Cameron Mitchell: accantonati i ritmi indiavolati del rock transgender di "Hedwig" e l'anticonformismo da spirito ribelle di "Shortbus", qui il regista sembra un affermato autore che sa da sempre come dirigere un film impegnato e altamente drammatico, creando una pellicola commovente senza mai farsi attrarre dai facili schematismi che certe sciagure avrebbero potuto offrirgli.

L'elaborazione del lutto è come un'operazione di giardinaggio: è necessario iniziare da un minuscolo granello di concime per poi poterne pian piano accumularne altri, affinchè il fertilizzante faccia il suo effetto. E poi attendere la pioggia per poter godere della crescita di piante e fiori. Alla fine non è detto che abbiano il colore che tanto abbiamo desiderato, e non importa se i prati erbosi verranno calpestati da cani che avrebbero dovuto rimanere nella cuccia, così come da invitati schiamazzanti voluti per un barbecue riconciliatorio.
O se tutto questo sarà scalzato da fumetti all'apparenza poco interessanti i quali, tra precise e nette linee di ghirigori a forma di cono, scavano in profondità come tane di coniglio e raffigurano tristemente famiglie incomplete, dove ora manca un padre o un figlio. Universi paralleli che forse esistono da un'altra parte e che, in qualche modo, mitigano il dolore.