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RABBIT HOLE regia di John Cameron Mitchell

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  12/02/2011 23:00:47Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un film decisamente riuscito, anche perchè Mitchell è un regista che "osa" penetrare certi territori con una sua personalissima ottica. Non è vero che sia così distante dall'orgiastica ritualità di "Shortbus" e delle sue provocazioni. Se qualche ostinato spettatore si fosse impegnato a capìre meglio quel film, vi avrebbe trovato la stessa demarcazione di ansie e separazioni affettive di questa sua nuova opera.
Si può affrontare qualcosa di nuovo sul tema della perdita? L'hanno già fatto Hereafter e Le fils, La stanza del figlio, In the bedroom e via dicendo. Ognuna di queste opere ha catturato l'immagine attraverso diversi stati d'animo, e ambivalenti al concetto di "speranza o rassegnazione". Certo nel film noi vediamo una coppia di americani belli e benestanti, ma al servizio di un malessere comune a tutti. Si combatte il ricordo attraverso la ricerca di ossessive tracce di presenza/assenza, o al contrario spostando l'asse sulla rimozione visiva, e morale. E' un labile filo che intercorre nella giostra della sofferenza, come allude l'emblematico caso della "stanza", una presenza ingombrante che indispone la gente ad acquistare un'intera dimora.
Solo quando due vite si separano sconfinando nell'inesorabilità di un'altra, reciproca perdìta, si ritrova il contatto con la fonte amara ma conciliante della sopravvivenza.
Perchè in fondo il ricordo, come dice Mitchell, serve a sostituire quel figlio perduto.
Unica pecca, c'è una perfezione formale che sfiora la calligrafia.
Ottima prova della kidman