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BRANCHIE regia di Francesco Ranieri Martinotti

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     4 / 10  04/11/2010 14:59:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Veramente una robaccia questa trasposizione del romanzo d'esordio di Ammaniti.
L'inizio è decisamente convincente e pone le basi per un potenziale dramma che affronti il tema della malattia terminale, servendosi dell'interessante metafora delle branchie come secondi polmoni, come mezzo alternativo che permetta di respirare ad un Marco che, malato di tumore, trova sempre più difficile farlo.
Da qui si potrebbe anche leggere il tema dell'acqua come simbolo di rinascita o di catarsi (un paio di scene a dire il vero ne danno l'idea, ovvero la sequenza finale, o quella in cui fa l'amore in un pozzo).
Poi verso la metà la pellicola inizia a cadere inesorabilmente verso il baratro della stupidità più totale. Il viaggio in India di Marco, questa sorta di "canto del cigno", di impresa finale, che gli potrebbe permettere di andare incontro alla fine esaudendo un suo sogno (costruire un acquario gigantesco), si trasforma in un videogame che a lungo andare da surreale travalica il limite del ridicolo: degli Hare-Krishna campani modello gangster di Scorsese lo rapiscono e gli danno la caccia armati di mazze da cricket, entra a far parte di un sedicente gruppo raga (peccato che non si siano mai sentiti dei raga a suon di tastiera Yamaha e didgeridoo), si ritrova coinvolto in una missione salvifica dove il suo psicologo nella realtà è diventato uno spietato chirurgo che ruba la giovinezza ai ragazzini indiani sezionadoli come un macellaio per ridonarla a facoltosi clienti stranieri.
Insomma tutto diventa un guazzabuglio di situazioni strane e assurde degne del peggior cartone animato, e tutto si risolve in un finale che non sta nè in cielo nè in terra e non si capisce dove, alla fin fine, voglia andare a parare.
In poche parole, un film senza capo né coda, reso ancora peggiore da recitazioni dall'imbarazzante all'osceno (non ci si stupisce del perché, dopo questa fatica, Grignani non abbia mai più recitato).
Da evitare nella maniera più assoluta.