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NOTTE ITALIANA regia di Carlo Mazzacurati

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kafka62     7 / 10  26/04/2018 13:14:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'opera prima di Carlo Mazzacuarti, targata Sacher, è indubitabilmente uno dei film più belli realizzati in Italia negli anni ottanta. Se da una parte esso si riappropria felicemente di quello che, a torto o a ragione, può essere considerato un vero e proprio patrimonio artistico nazionale, ossia il mondo della provincia padana (nel nostro caso si tratta del delta del Po, i cui argini e le cui acque richiamano alla mente – li cito alla rinfusa – Visconti, Antonioni, il primo Bertolucci e Pupi Avati), dall'altra, contemporaneamente (e proprio quando la distanza con l'attualità sembra incolmabile), impartisce una sorprendente lezione di moralità e di civismo. In questo senso, anzi, "Notte italiana", nonostante la sua atmosfera favolistica (che deve molto alle stupende musiche di Fiorenzo Carpi, che ritrova qui l'inconfondibile vena poetica de "Le avventure di Pinocchio"), può essere inserito a buon diritto in quel filone "politico" del cinema italiano (di cui "Il portaborse" è forse, grazie al formidabile personaggio di Silvio Orlando, il simbolo) che in quegli anni ha avuto il coraggio di parlare senza ipocrisie né qualunquismi del degrado morale del nostro Paese.
"Non sarà per caso onesto, lei?" dice a Otello, quasi con disgusto, Alvise Tornova, ricco proprietario di pollerie e "anima nera" della storia. In quella parola pronunciata a denti stretti, inattuale e anacronistica, diventata quasi un sinonimo di "fesso", e nella lapidaria risposta di Otello ("Ci provo, almeno"), è racchiuso tutto il senso del film. Mazzacurati si guarda bene, così come il Luchetti de "Il portaborse", dal concedere allo spettatore un comodo e tranquillizzante lieto fine (i loschi tangentisti e i sordidi speculatori – sembra di capire – continueranno come sempre ad avere la meglio), ma il candore e la bontà del suo protagonista non sono inutili, poiché gli permettono da una parte di conquistare il cuore della bella Daria (al cui personaggio di donna indipendente, orgogliosa e schiva Giulia Boschi ha continuato – vedi ad esempio "Bonus malus" – a rimanere legata), dall'altra di comunicare con quello strambo microcosmo di provincia che riempie il film senza gli stereotipi insopportabili di tanta commediaccia all'italiana. Lo zingaro Gabor ("Meglio amico con difetti che niente amico"), la padrona della pensione, il giovane punk da balera, sono sì degli imbroglioni, dei trafficoni e dei ficcanaso, ma essi sono anche l'espressione di un'innocua ed umanamente comprensibile arte di arrangiarsi che, da Totò in poi, abbiamo imparato a conoscere fin troppo bene. La parte marcia dell'Italia, i veri criminali non sono loro, bensì l'industriale arrogante che non si perita di passar sopra a tutte le leggi, l'avvocaticchio disonesto che lo assiste e l'amico opportunista e speculatore.
C'è un forte contrasto tra i momenti di bucolico incantamento e di trasognata sospensione del film (la pesca del capitone all'alba, il gioco a rincorrere le oche, il ballo nel felliniano dancing del paese) da una parte ed il cinico e squallido gioco di interessi che percorre sotterraneamente la storia dall'altra. Il clima di "Notte italiana" oscilla così, senza riuscire mai a prendere una strada definitiva, tra la favola surreale, il pamphlet moralistico e l'hard boiler chandleriano (anche se può sembrare strano, Otello ha diversi e non secondari punti in comune con Marlowe). L'amalgama, ad essere sinceri, non si rivela facile. La semplicità della vicenda privata di Otello e Daria, infatti, si contrappone nettamente al complicato intreccio giallo, che a volte si fatica addirittura a seguire. E', questa, un'eterogeneità che si riscontra anche al livello delle citazioni, le quali vanno da "Chinatown" (cui lo accomunano alcune analogie del plot) a "La casa dalle finestre che ridono" (per la fuga notturna del protagonista, con la gente del paese barricata dietro le finestre che non risponde alle sue invocazioni di aiuto), da Orson Welles (per la parabola della rana e dello scorpione) ai già ricordati Antonioni e Visconti (dato che ho parlato di hard boiler, "Ossessione" non era tratto forse da un romanzo "nero" americano?). A parte l'ingenuità di alcuni riferimenti cinefilici e la voglia di mettere molta carne al fuoco, di fare il film memorabile, bisogna comunque ammettere che l'opera d'esordio di Mazzacurati è interessante ed originale, la sceneggiatura (di Bernini, oltre che dello stesso Mazzacurati) ben congegnata (i numerosi personaggi, ad esempio, vengono presentati in modo veloce e sommario, a tratti anche caricaturale, ma mai in maniera forzata od ovvia), il clima surreal-fiabesco azzeccato), e gli attori (da Messeri all'impagabile Remo Remotti, tutti quanti non ancora sfruttati cinematograficamente) simpatici e dotati di una buona dose di spontaneità ed immediatezza. Quello di "Notte italiana" è, sotto tutti gli aspetti, l'ottimo esordio di un regista che non sempre negli anni successivi è riuscito a rimanere all'altezza delle aspettative create da questo film.