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CHI LO SA? regia di Jacques Rivette

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kafka62     8 / 10  20/01/2018 11:25:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il teatro è una presenza costante e addirittura il segno distintivo di "Chi lo sa?", quart'ultima opera del regista francese Jacques Rivette. Le recite del pirandelliano "Come tu mi vuoi" e la ricerca di un inedito manoscritto di Goldoni contrappuntano infatti di continuo la vicenda, conferendo ad essa un sapore intrinsecamente teatrale, non tanto nel senso che normalmente si dà al termine (sottintendendo unità di tempo, di luogo e di azione, prevalenza delle scene in interni rispetto a quelle en plein air e degli attori sulle immagini), quanto perché la sceneggiatura è così classicamente perfetta, così suggestiva nella costruzione delle atmosfere, così precisa nella progressione dell'intreccio da sembrare uscita dalla penna di uno Shakespeare o di un Moliere.
In estrema sintesi: Ugo e Camille sono il regista e la prima attrice di una compagnia italiana in trasferta a Parigi. Alla vigilia della prima, il ritorno nella città dove ha vissuto tre anni prima una importante storia d'amore con Pierre rende Camille nervosa e irrequieta. Pierre nel frattempo si è messo con Sonia, ma la ricomparsa di Camille gli fa riaffiorare sentimenti che credeva sepolti, suscitando le comprensibili gelosie di Ugo e di Sonia. Questi, dal canto loro, non sono insensibili al fascino di una coppia di fratellastri, Dominique e Arthur. Corteggiamenti pudichi e impacciate ritirate, romantiche avances e crisi di gelosia, ossessive richieste amorose e affettuose complicità femminili, perfino surreali duelli "alcolici" sopra passerelle sospese nel vuoto e rocamboleschi furti di gioielli, si alternano in questa affascinante ronde, che si colloca tra la sophisticated comedy americana e i comtes rohmeriani. "Chi lo sa?" è al tempo stesso leggero e profondo, ilare e problematico, e culmina in uno stupendo finale "teatrale", deliziosamente improbabile come il colpo di scena che permette a Ugo di entrare in possesso del manoscritto di Goldoni, nel corso del quale i personaggi si riconciliano finalmente con se stessi e con i partner.
Il film sprigiona innegabilmente intelligenza da tutte le parti. Pur partendo in sordina, sa crescere lentamente, scena dopo scena, personaggio dopo personaggio, senza fretta, fino a risultare alla fine estremamente avvincente. Rivette, meno famoso ma altrettanto bravo degli altri esponenti della "vecchia guardia" francese come Rohmer e Chabrol, ha realizzato forse il miglior film della sua carriera, abile tanto nel descrivere le intricate traiettorie sentimentali che lo attraversano quanto nel costruire dialoghi (bilingui) brillanti e psicologicamente raffinati, sorretti – a onor del vero – da un gruppo di attori magnifici, con in testa un sorprendente Castellitto (interprete dalle mille sfumature, bravo come un Dustin Hoffman meno istrione) e un'adorabile Jeanne Balibar (un tipetto vispo e simpatico alla Tautou).