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REQUIEM FOR A DREAM regia di Darren Aronofsky

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     10 / 10  23/05/2011 02:06:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Sono qualcuno adesso, Harry. Tutti mi amano. Presto, milioni di persone mi vedranno e tutti mi ameranno"

Non c'era miglior modo per aprire un nuovo secolo di cinema se non con questo straordinario viaggio di Aronosfky nell'incubo infernale della tossicodipendenza. Non c'è una cosa che non sia perfetta, dall'incredibile resa visiva - il montaggio concitato, le riprese in time-lapse, le inquadrature in steady-cam fissa sui corpi dei personaggi (gustosa citazione della famosa scena di Mean Streets), la fotografia - alla colonna sonora, alla sceneggiatura, ai personaggi, per arrivare alle magistrali interpretazioni. Forse il film definitivo sulle droghe, nel suo porsi sia come finestra sul mondo allucinato degli stupefacenti e dei suoi effetti sul sistema percettivo umano, sia come feroce critica nei confronti del terrorismo mediatico operato dalla televisione, la vera droga della storia moderna. Lo sguardo critico di Aronofsky non giudica i suoi personaggi ma non risparmia nessuno - evidente il parallelismo fra la storia di Harry e di sua madre (in cui lo spettatore si può rispecchiare), accomunati dalla schiavitù dell'assuefazione, il primo per la ricerca del benessere dei sensi, la seconda per il raggiungimento del benessere sociale.
Non ho trovato alcun segno di autocompiacimento nel tanto dileggiato barocchismo stilistico di Aronofsky, che invece è sempre funzionale alla storia e costituisce forse il più grande punto di forza dell'opera.
Solo in parte debitore di Trainspotting (a Boyle interessava più la dimensione sociale del fenomeno della droga, Aronofsky invece analizza il lato psichico/psicologico e quello esistenziale) e a parer mio molto superiore - per quanto giudichi quello di Boyle un gran film - Requiem For a Dream è una pellicola di una durezza e di una crudezza devastante, una di quelle che arriva a farti star male pur di esprimere bene il concetto, una tragedia onirica che cresce di intensità fino a colpire come un pugno a piena forza nello stomaco nel tragico finale.
Le interpretazioni sono tutte da applausi, ma la grandiosità di Ellen Burstyn - che avrebbe meritato l'Oscar ben più della Roberts di Erin Brockovich - fa dimenticare persino le ottime prove di Leto e della sempre bellissima Jennifer Connelly.
La straordinario main theme di Clint Mansell eseguito dal Kronos Quartet - che verrà poi usato e riusato un po' dappertutto, completa il quadro del capolavoro.
A mio parere una delle pellicole migliori del decennio. Una dose di puro genio sparata direttamente in vena.