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REQUIEM FOR A DREAM regia di Darren Aronofsky

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ULTRAVIOLENCE78     8 / 10  25/12/2008 12:35:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Darren Aronofsky pone al centro della sua opera il tema della dipendenza, mostrando le conseguenze deleterie dell’assuefazione non solo nell’ambito dell’assunzione di sostanze stupefacenti, ma altresì in quello più allargato che coinvolge tutta la società: l’ottundente bombardamento mediatico degli “show” televisivi. La descrizione dei fatti è superlativa: il regista, attraverso un montaggio convulso (che accompagna i momenti relativi alla somministrazione delle droghe) e immagini fortemente allucinate (splendida quella della madre che, in preda ad un delirio “tossico”, vede materializzarsi i suoi sogni/incubi), tratteggia il progressivo e sempre più sostenuto turbinio del vortice della tossicodipendenza, il cui punto d’arrivo è l’annientamento del soggetto. In quest’ultimo senso, la visuale di Aronofsky si presenta come integralmente pessimista. Non c’è possibilità di salvezza (così come dimostra la temporale suddivisione della trama in periodi stagionali, tra i quali però non è contemplata la primavera, tradizionale simbolo di una rinascita che qui è del tutto esclusa): tutti i personaggi saranno assorbiti dalla dipendenza fino all’annichilimento prima delle loro reciproche relazioni, poi di loro stessi. Alla base di tutto, vi è il malessere esistenziale riveniente dai traumi familiari: dai conflitti genitori/figli, dalle assenze dei primi e dalle lacune affettive che ne derivano. Conseguenza irreparabile è il rifugio nella droga, la quale determina la rottura definitiva dei rapporti interpersonali. A ciò si riconduce la prospettiva del genitore anziano che vive in una situazione di solitudine, colmata illusoriamente dalla vacuità del mondo della televisione che, però, non farà altro che acuire il disagio di chi cerca in esso un modo per riempire le proprie giornate in “isolamento”.
Il film è originale e realizzato molto bene, anche se certe iperboli fanno pensare a sconfinamenti verso l’autocompiacimento, che fanno perdere alla narrazione parte della sua “sincerità”.
KOMMANDOARDITI  26/06/2010 16:27:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Converrai però che lo stile utilizzato per sviluppare questo precipizio esistenziale è il medesimo che Aronofsky aveva già impiegato innovativamente al suo esordio in PI GRECO.
Questo film non vale perciò quanto il precedente : compiacimento stilistico, eccessiva "pulizia" degli interpreti, sensazione di deja-vu palpabile.....
Potente è invece il messaggio di fondo, quello si veramente penetrante.