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IL DISCORSO DEL RE regia di Tom Hooper

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Gabe 182     7½ / 10  10/01/2021 00:48:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Qui si sfiora il capolavoro, grandissimo film storico che personalmente non conoscevo, consigliato dal mio amico Freddy Krueger iscritto al sito.
Un bellissimo film di sceneggiatura, Il discorso del Re racconta una parte commovente della storia britannica sebbene poco conosciuta e quasi dimenticata. Un film la cui regia si presta alla narrazione silenziosamente, senza artifici e senza manierismi, naturale nel suo essere al servizio della vicenda interiore di Re Giorgio VI e dei travagli causati dalla sua balbuzie. Un film semplice, senza costruzioni scenografiche da colossal, che colpisce per l'aspetto umano che viene scandagliato e approfondito in tutte le sue dinamiche, indugiando sui singoli dettagli e sulle conseguenze di un impedimento difficile da accettare e da affrontare.
La delicatezza con cui viene descritto lo stato d'animo del re e il dramma umano che consegue dall'essere sovrano ma con la paura di non poter apparire tale agli occhi dei sudditi sono gli elementi che trovano la loro più tenera espressione nel rapporto tra Giorgio VI e Lionel Logue, un logopedista di origine australiana che si occuperà di aiutare il duca di York ad oltrepassare barriere sedimentatesi nel tempo e apparentemente insormontabili. In questo rapporto c'è tutto: c'è fiducia, conflitto, orgoglio, timore, il desiderio di comprendere le manifestazioni di traumi familiari profondi, forse lontani ma così semplici e umani nel loro essere frutto di un'educazione di corte severa, rigida e compromessa da rapporti umani duri. Colpiscono le interpretazioni di Geoffrey Rush (anche se devo ammettere che in alcuni momenti mi convinceva poco) e di Colin Firth, davvero impeccabili e affiatati; come colpisce la performance della Bonham Carter, versatile ed espressiva.
Viene naturale l'attualizzazione di questa vicenda, in un'epoca in cui la funzione mediatrice delle comunicazioni di massa è diventata un più che consolidato strumento di controllo nonché causa prima delle derive populistiche di certa politica. Per questo appare quasi infantile la figura di Giorgio VI, nella sua ingenuità, nel suo timore di entrare in contatto con gli altri, nel suo pudore ad addentrarsi nelle case altrui anche se soltanto attraverso il suono della sua voce. Il microfono diventa una figura incombente, che copre il volto di un sovrano così debole al suo cospetto. Un ribaltamento quasi inverosimile, verrebbe da dire, ma che, essendo accaduto, induce ad una riflessione profonda sull'attualità politica e sociale.