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AUDITION regia di Takashi Miike

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elio91     8½ / 10  20/06/2010 18:41:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Agghiacciante,non esiste altra parola per esprimere meglio Audition.
è un Miike apparentemente più contenuto e lento,più introspettivo e romantico...poi l'illusione finisce bruscamente nella citatissima scena del sacco e del telefono. Qualcosa,da quel punto in poi,comincia a non andare come dovrebbe,si perdono tutte le certezze,ci si perde in un sogno, in un incubo,nella realtà,nella follia.
Essenzialmente,ma tutt'altro che banalmente,quella che racconta Miike è una storia di assolute solitudini che tentano di unirsi,di due persone che hanno qualcosa di morto dentro,e per sempre. Ma guai a pensare che il ritratto che Miike ci dà di Asami sia crudele,cattivo e perverso,o perlomeno guai a pensare che sia solo quella la sfaccettatura del suo carattere mentre il resto solo apparenza.
Perché c'è un grande senso di pietà che traspare per la protagonista di questa storia da parte del regista,o perlomeno non è possibile condannarla a priori senza per questo condannare Aoyama (il protagonista maschile): sono due facce della stessa medaglia.
La storia è circolare,alla fine Aoyama si innamorera della stessa donna che perde all'inizio,di una donna morta.

Dal punto di vista registico Miike è ineccepibile: parte in maniera lenta,non sembra un suo film e viene da chiedersi "siamo sicuri che questo sia il film violentissimo di cui avevo sentito parlare?". Ma è perfetto ed essenziale cominciare così,con una analisi dei protagonisti lenta ma mai noiosa e se riflettiamo Miike non abbandona mai il ritmo lento che imprime alla pellicola: perfino le famigerate scene di tortura,ai limiti dell'insostenibile,sono tali proprio perché lente e misurate.
L'incubo in cui piomba il protagonista è intessuto in maniera tale e con tale forza onirica che viene voglia di fare un applauso al regista,ma le mani sono abbandonate lungo i fianchi o sugli occhi per nascondere le scene più eccessive ed insostenibili. Le musiche bellissime contribuiscono all'effetto finale,non devastante ma che si insinua sottopelle come tutte le pellicole del geniale regista giapponese.
Finale magnifico,film che ha nella sua seconda parte il punto di forza ma che ha anche nella passività e calma apparente della prima parte il senso di tutto il resto.
Quoto Bulldog,Miike è cento anni avanti.


"Se ti donassi tutta me stessa,neanche allora saresti completamente mio"