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AUDITION regia di Takashi Miike

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GianniArshavin     9½ / 10  15/05/2017 21:17:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Audition è un film di Takashi Miike uscito nelle sale nel 2000. A detta di molti questa pellicola è quella che ha consegnato a Miike il successo planetario, quella che ha permesso al suo nome di iniziare a girare con frequenza in occidente e non solo fra gli appassionati di un certo cinema di nicchia.
In effetti Audition è un grande film, a mio parere il migliore fra quelli che ho visionato del regista nipponico. Ci troviamo davanti un'opera complessa, dalle mille chiavi di lettura e che affronta tematiche potentissime e profonde, e lo fa utilizzando dei canali estremi e al limite, come di consueto con tale cineasta.
Il protagonista di questa storia è un uomo, rimasto vedevo 7 anni prima, che sotto consiglio del figlio decide di rifarsi una vita e risposarsi. Per trovare la donna giusta lui e un suo amico produttore decidono di indire un'audizione fittizia volta a trovare la donna adatta, mascherando il tutto dietro un casting per un ruolo principale in un film. Fra le tante, l'uomo sceglierà una ragazza sensibile e dolce ma anche molto misteriosa, che ricambia le sue attenzioni sentimentali.

In breve è questa la trama del film, indubbiamente molto semplice e all'apparenza meno complicata di altre pellicole del regista. Ovviamente con Miike la semplicità quasi non esiste, ed infatti Audition e tutt'altro che un prodotto fruibile e immediato.
La storia si divide in due tronconi ben distinti: il primo ci presenta i personaggi, introduce la storia con lentezza e parsimonia ed approfondisce il rapporto che viene a crearsi fra i due protagonisti. In questa prima metà di film Miike sembra essersi dato un contegno, tutto si svolge quasi nella normalità; il regista si concentra sulle anime solitarie e travagliate dei personaggi, cercando di sviscerare il loro vissuto nel modo più oculato possibile. Naturalmente non mancano alcuni accenni all'orrore che esploderà nella seconda parte, avvertiremo in modo esplicito e implicito l'odore mefitico e malsano del male che si cela dietro una superficie apparentemente benevola, ma nonostante questo il secondo troncone colpirà ugualmente forte visto il netto cambio di registro rispetto alla prima metà di pellicola.
Infatti, dopo un'ora abbondante di visione, in cui l'opera si mantiene sui binari del drammatico, il povero Aoyama inizierà la sua lenta discesa verso l'incubo: la giovane Asami, fino a quel momento misteriosa ma anche fragile e dolce, subirà un cambiamento repentino per poi sparire, cosa che costringerà l'uomo a mettersi sulle sue tracce; da questo punto in avanti Aoyama scenderà lentamente ma inesorabilmente nelle viscere della follia e dell'incubo, un crollo che avrà la sua apoteosi totale nella ormai celeberrima tortura finale e nell'allucinazione (?) infernale che l'anticipa.
Nella seconda metà di pellicola le certezze dell'uomo vengono piano piano distrutte con sadismo; Aoyama non può intervenire e impedire in nessun modo questo processo distruttivo, essendo per lui troppo repentino e inaspettato.

Non capisco quelli che si sono lamentati della noia della prima parte: essa è parte integrante della storia, e assume un significato ancora maggiore dopo aver visto la seconda. Il fulcro di Audition sta proprio qui: un uomo che si innamora follemente di una ragazza che ha un bisogno disperato di amore e attenzioni, un bisogno che forse non può essere soddisfatto e dunque questo circolo vizioso porta lei a distruggere ciò che in teoria dovrebbe farla stare bene. Il succo del film è questo, Miike ci parla di due anime devastate dalla vita, di due personaggi che soffrono di solitudine e che reagiscono ad essa in modi differenti.
Altri temi toccati dall'autore giapponese sono la morte, l'incomunicabilità, le critiche alla superficiale società nipponica; tuttavia principalmente Miike vuole parlarci delle difficoltà che si incontrano nel relazionarsi e nel concedere la propria fiducia agli altri e dei risultati devastanti che tali difficoltà comportano. Questi ultimi due aspetti sono riscontrabili soprattutto nel personaggio di Asami.

Oltre ai temi e ai contenuti, Audition resta un film dell'orrore, e sotto questo aspetto Miike tocca vette immense. Infatti per tutta la durata della storia respiriamo un'aria malata, sappiamo che qualcosa non quadra ma inizialmente (e forse anche alla fine) non riusciamo a capire cosa. Il regista ci suggerisce gradualmente, tramite tocchi di genio, che l'orrore sta per esplodere e col passare dei minuti la pellicola diventa sempre più inquietante (la sequenza di lei che aspetta la telefonata è davvero agghiacciante).
Nel secondo tempo la paura e l'inquietudine diventano tangibili, e Miike utilizza personaggi, ambientazioni e atmosfere per spaventare. Il picco massimo viene raggiunto nella lunga sequenza dell'incubo, dove il regista tocca picchi visionari davvero inauditi. Il mix di sensazioni che questa scena trasmette è assurdo: si passa dalla paura, allo sgomento, dal disgusto allo straniamento più totale.
Come se non bastasse questo calderone di emozioni negative, il regista ci piazza un finale dove la violenza raggiunge livelli elevatissimi che metteranno a dura prova anche il più scafato degli spettatori.

Concludo questo mio eccessivamente lungo commento parlando un secondo dei personaggi: tutti i protagonisti sono caratterizzati e interpretati al meglio, ma a spiccare è ovviamente lei, Asami, che ha il volto della bravissima Eihi Shiina. Questo personaggio ha una potenza e un'ambiguità incredibili, e non penso di dire un'eresia se inserisco Asami fra le migliori femme fatale di sempre.

In conclusione, Audition è semplicemente un capolavoro. Un'opera ostica ed estrema, che scontenterà molti spettatori. Tuttavia, se riuscirete ad entrarci, con molta probabilità lo amerete alla follia, un po' come l'amore provato dai protagonisti del film.