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A SERBIAN FILM regia di Srdjan Spasojevic

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Weltanschauung     8½ / 10  22/05/2012 11:11:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
*Presenza di Spoiler

"Tutta l'intera nazione non è altro che un fottuto asilo. Un mucchio di bambini scaricati dai loro genitori"

Il primo lavoro di Spasojevic, è un film che si spinge a livelli di nefandezze forse mai toccati dalla cinematografia legale.
Sceneggiato in cooperazione con il critico Radivojevic, e concepito solamente per il mercato nazionale serbo, A Serbian Film è una rappresentazione metaforica della violenza politica e della mercificazione sessuale del corpo umano manipolata dal potere.

La storia tratta di Miloš, un ex pornostar in declino, sposato e con un figlio piccolo a carico, che trovandosi ridotto quasi sul lastrico, decide di accettare il lavoro propostogli dal cupo regista Vukmir, e tornare così a recitare in un film hard.
Il compenso? La sua famiglia non dovrà mai più preoccuparsi di lavorare poichè notevole sarà la somma di denaro offertagli in cambio della prestazione.
Il regista assicura subito l'assoluta serietà dell'opera in cui Miloš dovrà accingersi a recitare, e puntualizza che la riuscita del film sarà basata soprattutto sulla non conoscenza da parte del protagonista principale delle scene che andrà a girare, onde evitare da parte sua prestazioni artificiose o forzate. Il realismo dovrà farla da padrone.
E così, con una narrazione lineare e seguendo una linea temporale progressiva, le riprese hanno inizio. Miloš viene filmato sin dalla sua porta di casa ed accompagnato in un orfanotrofio abbandonato, in stanze con inquietanti pavimentazioni a scacchi, con dei cameraman ambigui (dalle uniformi paramilitari stile Serbia nazionalista di Miloševic) che lo seguono facendolo assistere a messinscene con personaggi e situazioni Lynchiane.
Gradualmente anche lo spettatore comincia a sentire il respiro dello spaesamento di Miloš, sospirando nell'attesa di ciò che sarà, fino a che questi viene drogato con del viagra per tori; la narrazione diviene allora frammentata, costituita da flashback improvvisi, scatenati dalla visione di luoghi, cose e persone vissute durante l'effetto delle droghe: ciò che emergerà sarà atroce.

Nonostante la trama usuale, non si tratta di un semplice thriller/ horror, difatti "A Serbian Film", partendo da un continuo richiamo alla propria nazionalità, unisce sin dai primi istanti pornografia ad allusioni storico/culturali, risultando così difficilmente catalogabile.

Sono essenzialmente quattro le tematiche principali della pellicola di Spasojevic.
In primis, trattasi innanzitutto di un ambizioso tentativo metacinematografico sullo smarrimento di ogni confine razionale, basato sul meccanismo per il quale il cinema diventa vita, e viceversa. La riflessione sulla settima arte ed il suo rapporto con la realtà intesa non solo come realtà oggettiva, ma come realtà cinematografica, pervade chiaramente tutto il film.
In seconda battuta, il film medita, servendosi di un gore perfettamente funzionale al messaggio, sulla fascinazione dello sguardo, sulla continua ricerca di stimoli visivi per i nostri sensi assopiti, sul bisogno crescente di una realtà artefatta in cui l'aderenza con il reale continua a perdere consistenza.
Si cerca di scovare la derivazione di questa esigenza di "reality show" sempre più corporei, più esasperati, che arrivano a spingersi sino all'esibizione della morte.
In terzo luogo vi è una denuncia ad un paese devastato dalle guerre, che ha ancora nel proprio cuore le ferite del Kossovo, di Vukovar, di Srebrenica, di Zagabria e di Sarajevo.
Una Serbia che nelle sue molteplici difficoltà sembra sposare il nichilismo più totale, negare tutti i valori, spegnere ogni aspirazione e annullarsi completamente.
Si percepisce un senso di costrizione ed oppressione derivante dal vivere in una nazione degradadata sia culturalmente che spiritualmente.

Chiariamo, Spasojevic non è certamente il nuovo Pasolini, nonostante qualche fugace analogia con il suo Salò. Nello specifico, laddove il regista emiliano seppe lavorare filosoficamente sulla perfezione e raffinatezza degli spazi del potere districandosi tra atmosfere dichiaratamente sadiane, qui il Serbo sembra invece voler volare decisamente più basso, virando su una rappresentazione più diretta e meno profonda.
L'ultimo dei 4 punti, infine, è il sesso nella società consumista, in tutta l'atrocità dei suoi dettagli. La sessualità è sin dalla prima inquadratura, ambigua, brutale, mai affettuosa o dolce.
Tutti i personaggi nè sono pregni, basti pensare al fratello invidioso della moglie che si masturba convulsamente in bagno, oppure la moglie di Milos, che la sera desidera essere sottomessa e violentata.
Il sesso si cela in ogni fotogramma, pronto a manifestarsi in forme sempre deformate.
Viene rappresentato, in linea con la concezione moderna occidentale, come pandemia ossessiva, dando risalto non solamente a quegli impulsi violenti che si manifestano sul piano fisico e che, come in altre epoche, portano ad una esuberante e disinibita vita sessuale e magari al libertinaggio.
Qui il sesso è incarnato sopratutto come un elemento cardine che ha introiettato a sè la sfera psichica, un erotismo divenuto tutto mentale con conseguente eccitazione diffusa e cronica quasi indipendente da ogni soddisfacimento fisico concreto. Lo stupro sembra simboleggiare la violazione dei limiti e odora di preludio alla morte sia fisica che metafisica, inoltre la cosmetica e i mezzi di perfezionamento estetici di cui sono succubi tutte le donne del film, appaiono come l'interesse principale del loro modo d'essere, l'unico mezzo con cui riescano a dare un piacere trasposto preferito a quello specifico dell'esperienza sessuale normale e concreta che, al contrario, pare divenuta oggetto di una specie di insensibilità e nevrotica repulsione. Questa intossicazione mentale è rappresentata esasperatamente come uno dei principali caratteri regressivi dell'epoca attuale, e l'obiettivo non è soltanto la Serbia, ma tutta la civiltà occidentale.

Ma "A Serbian film", cinematograficamente parlando, è anche settima arte di alto livello, ineccepibile tecnicamente. La fotografia di Nemanja Jovanov è stracolma di colori gelidi inframezzati da spruzzate di rosso accesso, la regia è assolutamente impeccabile nella sua capacità di dosaggio dei ritmi, la colonna sonora minimale è superba, e la scenografia con la sua opachezza sfiora la perfezione.
Ottimi anche tutti gli attori, sui cui svetta un devastante Sergej Trifunovic nella parte di Vukmir, il personaggio che rappresenta al meglio le ossessioni e l'illimitata follia del potere attuale che vorrebbe riversare sui corpi già esanimi la sua nobile superiorità.
Gli unici difetti riscontrabili, sono alcune scene di compiacente violenza estetica (il bulbo oculare, la bava improvvisa), che erano evitabili poichè si è rischiato di sbandare nel grottesco, depotenziando il tutto. Ma aldilà di questo, Spasojevic è stato fenomenale nel far percepire senso di morte e smarrimento e lo ha fatto con ferocia, utilizzando lo stesso cinismo destabilizzante della modernità.
Scene estremissime si susseguono sullo schermo, alcune decisamente infime, ma la perversione di fondo risulta molto più concettuale che grafica.

Verso l'epilogo, l'elemento onirico diviene sempre più invasivo sino al plumbeo finale con una scena di rara spietatezza.
"Inizia con quello piccolo".

Titoli di coda, le urla deliranti di "Newborn porn" riecheggiano, nel bene o nel male, Spasjosevic verrà ricordato.
Sir_Montero  28/01/2013 00:56:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Gran bel commento. Un film duro ma significativo, a suo modo.