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SOMEWHERE regia di Sofia Coppola

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6 / 10  13/09/2010 01:06:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Premetto che continuo a trovare "Lost in translation" assolutamente delizioso, ma "Somewhere" non è il "The player" di Sofia Coppola, nonostante le (ottime) intenzioni. Mi vengono in mente decine di film introspettivi come questo, su tutti "Un uomo a nudo" (1968) con Burt Lancaster. Cerco perciò di evadere dall'irritazione per certi siparietti patinati, per le vasche idromassaggio e i massaggi zen, per i fotogrammi che sfumano in un'inutile esercizio di stile per addentrarmi nel personaggio. E' evidente lo sforzo della Coppola di raccontare lo squallore di un personaggio di fama, con la sua disperata ricerca (utopica) di una vita "normale", in perenne fuga da donne che la danno via senza troppi problemi - un bell'esempio di misoginia antihollywoodiana da parte di una donna - e lussuose suite di alberghi, red carpets e atroci premiazioni televisive (ahimè la sequenza dei telegatti, con la Ventura, Marini e il redivivo Nichetti è il punto più basso).
Come è sincero il rapporto di Johnny con la figlia, smussato dalla banalità delle luci della ribalta che impediscono ai divi di vivere una vita privata come quella di noi comuni mortali.
E poi? E poi basta.
Perchè ok la regista gioca di sottrazione, non giudica nè infierisce - e invece DOVREBBE - e non fa tremare il mondo hollywoodiano raccontando (per citare un altro titolo di film recente) "la solitudine dei numeri primi".
Non posso empatizzare per un miliardario triste così come non mi dispero se Britney Spears ha trascorso qualche mese dall'analista.
Steven Dorff è davvero molto bravo, ma qui il cerchio si chiude.
Trasmette più alienazione che introspezione, più passività che empatia.
L'intro à la Punto Zero è un bel segno a favore della Coppola, ma il Leone d'oro non ruggisce, semmai guarda il protagonista allontanarsi dalla potenzialità enorme di farsi dei nemici. E lo stesso dicasi della (brava o rispettabile) regista
jack_torrence  13/09/2010 01:44:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
D'accordissimo che non si può empatizzare col miliardario triste; come pure che il personaggio trasmette più alienazione che introspezione.
Infatti questo film non è introspettivo, è desaturato al massimo di profondità.
E' e vuol essere, secondo me, semplicemente quello che si vede, come se la superficie fosse il luogo dove esaurire tutta la poetica... Non so, mi mette a disagio questo tipo di minimalismo; e attribuisco il mio disagio al mio essere europeo. Mi piace quando la sottrazione fa pulsare meglio e più intensamente un'intima essenza, e fa vedere nel profondo anche laddove apparentemente c'è solo superficie... In questo caso è evidente che nel vuoto non si vuole far pulsare nulla, se non le lacrime della telefonata del prefinale. Che però si sentono sì con una notevole intensità, ma sinceramente la presa di coscienza da parte del protagonista (il suo guardarsi-finalmente-dentro) ha la durata di un fiammifero. E nulla sinceramente mi garantisce che sia l'inizio di un percorso di riscatto che sarebbe ben più arduo di quanto ci vien fatto vedere nel finale...