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UN LAC regia di Philippe Grandrieux

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     4½ / 10  20/02/2014 14:28:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Zero emozioni nell'esasperante sperimentazione di Philippe Grandrieux. Il territorio perennemente innevato e privo di colore rispecchia in pieno la quotidianità ombrosa e immobile della famiglia che vi ci abita; ad accendere parzialmente la fiammella della passione c'è il rapporto ai limiti dell'incestuoso tra fratello e sorella. Il primo è affetto da attacchi di epilessia, e trova nella giovane quell'affetto che gli rende meno pesante sopportare la sua condizione.
Grandrieux mostra il mondo circostante attraverso gli occhi del ragazzo: la regia si fa tremolante e nervosa quando le crisi colpiscono, si regge invece su immagini indistinte e sfocate quando la sorella è in scena, come se la presenza di questa infodesse un'ebbrezza intorpidente.
L'oscurità ingoia tutto, non vi è utilizzo di luci artificiali tanto che alcune sequenze sono di faticosa decifrazione. L'instancabile routine che anestetizza i personaggi (tra cui un padre burbero comparso dal nulla, un fratellino minore e una madre non vedente) verrà spezzata dall'arrivo di un affascinante boscaiolo forestiero. Nulla di nuovo sotto il sole, però Grandrieux ci ricama una storia che impone allo spettatore uno sforzo immane nel seguire questo irreale relazionarsi, con dialoghi appena accennati e inquadrature claustrofobiche su volti e corpi con aperture concesse solo ai minacciosi scenari naturali.
Trattasi di cinema tattile più che visivo, dove gli stati d'animo vengono riferiti attraverso gesti e contatti fisici; idea interessante che purtroppo annega in una lentezza fin troppo ricercata, mentre i sentimenti restano paralizzati da una sgradevole autorialità snob, e per un film che di sentimenti si nutre -seppur filtrati attraverso un'ottica particolare- è un limite imperdonabile oltre che paradossale.
Progetto meritevole negli intenti, rovinato dall'attitudine spocchiosa sfociante in sgradevole pseudo-arte. Agonia senza fine per lo spettatore.