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FRATELLANZA - BROTHERHOOD regia di Nicolo Donato

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jack_torrence     6 / 10  06/07/2010 18:55:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anche a proposito di questo film mi viene da citare Jonathan Littell, come ho fatto per l'incipit della recensione di "Furyo" di Oshima pubblicata su questo sito.

ComeScrive Jonathan Littell che il fascista “si è costruito un Io esteriorizzato che si presenta come una corazza. Tale armatura trattiene nell’interiorità le funzioni desideranti. Ma questo Io-corazza non è mai perfettamente ermetico, anzi è fragile; nei momenti di crisi si frantuma, e il fascista rischia di essere travolto dalle sue stesse produzioni desideranti incontrollabili”. E’ questa la tensione esistenziale, prima ancora che ideologica, da cui trae linfa la vicenda narrata nel film “Brotherhood” dell’esordiente danese Nicolo Donato, vincitore del Festival di Roma 2009.
Il film racconta una passione omosessuale che sboccia all’interno di una cellula di naziskin danesi. Girato con nervosa camera a mano da un regista che esce dalla scuola di Von Trier dei cui canoni estetici si sente l’influenza, il film si nutre del contrasto tra i due mondi che fa cortocircuitare, nell’antitesi tra momenti di estrema violenza e altri di acceso erotismo (reso con mirabile equilibrio tra pudore e intensità: così come intensa e allo stesso tempo timida, pudica quasi, è la passione descritta).
Il protagonista Lars (davvero bravo Thure Lindhardt: ma ottimi appaiono tutti gli interpreti), è un ex sergente che, scottato da una mancata promozione, abbandona la carriera e viene accolto da un gruppo neonazi nei confronti del quale provava un’iniziale avversione. Ne diverrà proselito, blandito nella sua frustrazione dal capo Michael, il quale intravede nel suo sdegno una superiore brillantezza intellettuale di cui il gruppo si gioverebbe. Sono dinamiche, ben descritte nel film, cui Hannah Arendt ha dedicato pagine importanti del suo “La banalità del male”.
Tra Lars e Patrick (Morten Holst) nasce un rapporto in cui Patrick assiste letteralmente senza parole all’emersione della sua interiorità nascosta. Lars rimane più lucido, in un’autonomia di giudizio non scalfita dalle logiche del gruppo, tanto ottuse quanto frutto di profonda immaturità (rivelatore a riguardo il giudizio con cui i neonazi vengono liquidati dalla madre di Lars, della quale per il resto si intuisce un atteggiamento protettivo incentrato sulla carriera, e non ricettivo dell’identità del figlio).
Lars è irriverente, e ragiona abbastanza da attrarsi più spesso le antipatie dei membri omologati del gruppo nazista, i cui comportamenti sono descritti attraverso stereotipi che non si fatica a ritenere purtroppo verosimili. La pellicola avrebbe tratto spessore da un loro più preciso approfondimento, e da un’esposizione meno schematica delle dinamiche interne di potere.
Ma al regista e sceneggiatore interessano soprattutto i risvolti interiori, e li rivestono di adeguate tinte melodrammatiche. Donato ha affermato, riduttivo, che l’ambientazione neonazista fosse un espediente “per dimostrare che l'amore non si può controllare: volevo inserirlo in un contesto in cui non è accettato ma in cui nasce lo stesso”.
I momenti più belli del film sono in effetti quelli in cui i rumori sfumano, e la musica apre un varco a scene di lirismo ricercato, quasi a indicare una (man mano più difficile) via di fuga.
Quello che il film però manca è di sviscerare le contraddizioni dell’animo di Lars, andando al cuore delle loro conseguenze. Come rimane un’esposizione esteriore quella dei cerimoniali nazisti, così la pellicola ci offre un bagaglio di suggestioni e argomenti ben composti fra loro, ma il finale aperto lascia la sensazione di aver assistito alla superficie di un conflitto, di una frattura che è lontana dal risolversi: sia tra i diversi individui coinvolti, sia, soprattutto, nel profondo degli animi.
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  06/07/2010 23:32:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bel commento, Stefano (come sempre): peccato davvero perché la parte erotica del film funziona a meraviglia! Hai fatto benissimo a ricordare "Merry Christmas, Mr.Lawrence", ma là eravamo dalle parti di un quasi-capolavoro, qui invece... solo di un buon film da sufficienza. Sigh!
jack_torrence  12/07/2010 12:35:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie :)
Mi è piaciuto molto anche il tuo, che ho letto attentamente prima di scrivere il mio (e quindi ti sono debitore) ;) e mi è spiaciuto che nemmeno il tuo abbiano scelto su Mymovies...
Sì, un buon film da sufficienza, un 6 che al cinema comunque non si butta mai...Diciamo quel genere di film da vedere una volta e che non entrano in collezione a meno di particolari revisioni del giudizio, nel tempo, più o meno casualmente stimolate da apprezzamenti particolari da parte di altri commentatori, che però - in questo caso - ancora non vedo
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  12/07/2010 17:47:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Su MyMovies hanno premiato una bella recensione di stampo, però, molto "riabilitatore": forse per controbilanciare la loro recensione ufficiale?
L'unica cosa che posso dire da gay è che ho apprezzato il clima torrido delle sequenze erotiche e, in generale, dell'intera storia d'amore: raramente al cinema si era vista una passione tra uomini portata allo schermo con così tanta intensità. Certo, da solo questo criterio non ne può fare un buon film (quante passioni torride sono state filmate tra uomini e donne?): diciamo che esteticamente si fa notare. Speriamo che Donato "esploda" nella sua opera seconda: il ragazzo merita comunque.
jack_torrence  13/07/2010 03:00:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
da non gay (ma molto interessato alla sensibilità gay che avverto come una cosa per me misteriosa, e perciò - al di là di ogni stucchevolissima e becera diatriba sociopolitica - qualcosa di altro-da-me che mi incuriosisce e stimola profondamente) condivido completamente quanto dici: non avevo ancora visto una passione tra uomini portata sullo schermo con tanta intensità e (ripeto il mio giudizio) pudore (proprio laddove è anche esplicita la messinscena, dunque, se vogliamo, superficialmente impudica). Donato è interessante e se è vero che il menzionato criterio non può fare un buon film, credo anche che il "clima torrido delle sequenze erotiche" non sia proprio l'unico, il solo motivo di pregio del film, anzi. Il film si sostiene per una serie di pregi, manca però in ogni caso secondo me di un'evoluzione definitiva, manca lo sviluppo e l'approfondimento delle cose esposte.
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  13/07/2010 09:20:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Condivido. Come ho scritto, non puoi ambientare una intensa storia d'amore in un contesto così pregnante e contraddittorio sottraendoti poi dall'approfondire proprio l'aspetto-principe della storia stessa: cosa spinge persone che fanno parte -loro malgrado- di una minoranza ad aderire a gruppi che disprezzano (ideologicamente) e usano violenza (fisicamente) contro quella stessa minoranza? Il pestaggio iniziale cozza con la pugnalata finale perché fa regredire a puro elemento melodrammatico (o a mero espediente narrativo di tipo circolare) quello che avrebbe dovuto essere lo spunto forte per parlare dell'origine interiore dell'omofobia, cioè del rifiuto di accettarsi per quel che si è. Il discorso avrebbe potuto essere universale perché in ognun* di noi ci sono elementi che rifiutiamo e che finiamo col combattere con tanto zelo da provocare sofferenze e danni a noi stessi e agli altri. Forse Donato ha chiesto un po' troppo da se stesso...
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  13/07/2010 09:27:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
...e condivido totalmente le tue citazioni, in particolare quella sulla Harendt che ho appena finito di rileggere.