jack_torrence 9 / 10 19/08/2014 15:43:05 » Rispondi Insieme a "La grande abbuffata" uno dei due film di Ferreri considerati all'unanimità i suoi capolavori dalla critica italiana (quella estera stranamente è meno accorta nei confronti di Ferreri), "Dillinger è morto" costituisce apparentemente il più leggero della coppia. Felicissimo esempio di dilatazione temporale del racconto, in ciò ancora modernissimo (e perfettamente in sintonia col contesto del cinema moderno dei '60), "Dillinger è morto" non è in realtà ciò che sembra di essere ossia un semiserio inno alla liberazioni dalle costrizioni della società e della vita quotidiana. La chiave di lettura sta nel finale: nell'ultima inquadratura, già sulla barca assunto come cuoco sulla rotta per Tahiti, Piccoli si sofferma con espressione imbambolata e contenta sulla allettante figura della sua nuova padrona. L'uomo destinato a non avere scampo dalla donna. Non è maschilismo ma è il tragico che si nasconde dentro la commedia. Questo borghese piccolo piccolo non si è affatto liberato, come crede, dalle costrizioni della civiltà, della società, della famiglia. Non c'è scampo alle costrizioni della relazione (tra i sessi, in primis). La libertà totale (quella cui aspirano anche i personaggi del Fascino discreto di buneliana memoria) è un'illusione. E questo discorso di Ferreri, semiserio come tutto il suo cinema, trascende il contesto sociale dei suoi anni e della nostra civiltà cosiddetta borghese. E' davvero metafora universale. Swiftiana, se vogliamo. Perciò forse davvero Ferreri è un grandissimo.