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DILLINGER E' MORTO regia di Marco Ferreri

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amterme63     6 / 10  27/06/2010 22:59:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non mi sono mai trovato in difficoltà nel mettere un voto ad un film come con quest'opera di Ferreri. Se la dovessi considerare solo dal punto di vista del divertimento e dello svago allora metterei 3 o 4. Non succede nulla, il film in pratica non ha trama, c'è un solo personaggio senza nome che compie prima atti molto banali e poi un atto estremo assolutamente inspiegabile. Non ci sono dialoghi o spiegazioni, le ragioni e i sentimenti rimangono misteriosi e inespressi.
Non è quindi un film ad "accesso diretto". Per comprenderlo o almeno cercare di ricavarci qualcosa, occorre armarsi di considerazioni e riflessioni soprattutto sull'arte e sul pensiero dei tardi anni 60. Così anche questo film diventa, come gli altri film di Ferreri, uno specchio dei temi e delle questioni dibattuti in quel periodo (qui siamo nel 1969).
Lo stacco con i suoi film del passato è nettissimo. Non ci sono più in ballo istituzioni, usi o costumi legati ad un ceto sociale e che coinvolgono determinati stili di vita. Adesso si passa all'astratto e all'universale. Ciò riflette il fatto che ormai erano diventate di dominio comune le questioni esistenzialiste (il senso dell'esistenza) e quelle generali poste dalla Scuola di Francoforte (la reificazione e l'alienazione, cioè la perdita della propria libertà e distinzione individuale con l'acquisizione automatica di comportamenti e modelli standard calati dall'alto).
Ferreri in qualche maniera prova a tradurre in vita concreta e vissuta il pensiero esistenzialista e universalista che tanto accendeva gli animi dei giovani di allora. I gesti e gli atti filmati, nella loro assoluta banalità e insignificanza, rimandano esclusivamente ad un contesto generale che va dedotto intellettualmente. In questo si sente molto l'influenza stilistica della Nouvelle Vague e del cinema in presa diretta di Warhol.
E' proprio questo quello che salta all'occhio: il girare a vuoto dell'esistenza e la mancanza di significato di ogni gesto. Non c'è amore, non c'è interesse, non c'è scopo. Eppure tutto si svolge nel massimo della pienezza e dell'abbondanza. La casa pullula di oggetti di ogni genere (anche troppi) e c'è sempre un sottofondo di programmi tv o musica radio. E' questo il vero riempimento dell'esistenza umana: gli oggetti di consumo, i divertimenti, le immagini, i suoni che vengono dall'esterno, dall'omologazione. Tutto è così svuotato che addirittura la vita umana non ha più valore o senso e la si può togliere senza provare la minima emozione, pensiero o rimorso. L'unica via d'uscita è la classica fuga tipo Gaugin (il viaggio in mare verso Tahiti).
Allo stesso tempo però ho come il sospetto che questo film non sia altro che una parodia e quasi una visione cinica proprio di quelle idee intellettuali che tanto infiammavano le discussioni culturali di allora. Ferreri ha forse voluto mettere in scena una rappresentazione quasi paradossale ed estrema di queste teorie. Come dire: è questa la vita a cui fate riferimento? Un po' come aveva fatto in "Harem" con la libertà sessuale della donna.
E' ora che voto gli metto? 10 per contenuto, recitazione, tecnica visiva; 1 per accessibilità, immediatezza, divertimento. Intellettualmente è un capolavoro, per fruizione non vale quasi nulla. Non mi resta che dare lo stesso voto che ho dato a "L'argent", ai film freddi e razionali (e molto profondi) che pretendono però "troppo" dallo spettatore comune.
E' ovviamente solo una mia considerazione personale, niente di generale.
Ciumi  29/06/2010 07:25:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Luca. Io questo film lo vidi tempo fa. Lo votai, forse addirittura con una insufficienza, dopodiché ho chiesto che mi fosse cancellato il commento: mi era sorto il dubbio di averlo giudicato un po’ frettolosamente.
Eppure non mi è mai tornata la voglia di rivederlo.
Le sensazioni immediate che mi trasmise non furono buone, questo è certo. L’astrazione del quotidiano che illustra Ferreri in questo film è ‘intellettualmente’ molto interessante, ma manca, ovviamente per come l’ho percepito io, di spontaneità. E’ una perplessità che m’investe spesso quando mi trovo davanti a certe opere d’arte contemporanea: troppo ragionate, troppo concettuali. Per apprezzarle ‘dentro’ bisogna conoscere necessariamente ciò che sta loro ‘intorno’.
Stesso discorso non riesco a farlo per ‘L’argent’ (sai quanto ami Bresson) però in quel caso io vedevo il suo film come l’ultimo film, il definitivo approdo, la resa spirituale amarissima e coerente di un autore del quale avevo seguito tutto il percorso, colma ancora di dignità e pudore.
Insomma se ti consola nemmeno a me avevo convinto ‘Dillinger’, seppure non vedrai mai il mio voto.

amterme63  29/06/2010 08:43:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Maurizio, penso che io e te abbiamo le stesse identiche reazioni davanti all'arte. Amiamo capire ed entrare nelle opere ma non solo con la testa, ma anche e soprattutto con l'animo e l'emozione.
Le opere che non hanno afflato vitale mi hanno sempre lasciato estraneo o almeno non mi hanno entusiasmato o coinvolto.
Anch'io non rivedrei questo film, assolutamente; una visione mi è bastata e mi avanza. A differenza tua io non concedo deleghe in bianco a nessuno. Bresson sarà anche Bresson ma nell'Argent ha esagerato. Ha tolto troppo, ha ridotto tutti i personaggi a marionette, ha tolto loro la vita, non li ha fatti riflettere o sentire e non ci ha voluto trasmettere la loro vita ma solo farcela vedere dall'esterno.
"Il diavolo probabilmente" è tutta un'altra cosa: il protagonista ragiona, si esprime, soffre, ci trasmette le sue turbe e poi intorno a lui il mondo esiste, opera, ci sono alternative.
I film troppo concentrati su una teoria li trovo parziali e un po' "bugiardi". Questioni di gusti personali, ovviamente.
Grazie, Maurizio, e a rileggerci.
KOMMANDOARDITI  27/06/2010 23:51:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quando ho visto il voto....mi è venuto un colpo !
Poi leggendo la tua precisa recensione e le motivazioni delle ultime tre righe ho compreso benissimo questa tua scelta. Condivido in pieno il fatto della scarsissima fruibilità di questo capolavoro da parte del grosso pubblico ed in questo Ferreri è agli antipodi di un Pietro Germi, fermo restando la totale parità qualitativa dei due autori.
Questo è uno dei miei film preferiti di sempre, magari rialzerò la media con la mia recensione ;-)
Comunque Luca, gran commento!
Ma a questo ci hai abituato troppo bene. :-D
amterme63  28/06/2010 22:48:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tutte le volte che ti leggo, Nico, rimango a bocca aperta. Sei una persona veramente sorprendente, certamente complessa e contraddittoria. Tu una volta mi hai scritto questo:
“per me il Cinema è arte popolare e non elitaria, questo la rende universale e non destinata a ‘pochi eletti’.”
In base a quello che mi hai scritto ero convinto che questo film non ti sarebbe mai piaciuto. Infatti è uno dei film più intellettuali ed elitari che abbia mai visto. Se non avessi avuto fra le mani il Castoro Cinema su Ferreri, non avrei mai indovinato che le frasi iniziali, pronunciate dal collega di Michel Piccoli, sono di Herbert Marcuse. Ed è molto importante saperlo, perché in quelle frasi c’è la teoria che poi viene dimostrata nel corso del film. Sinceramente se non si ha un’infarinatura di filosofia è difficile capire il messaggio del film e appassionarsi. In ogni caso si tratta comunque di un film ancora attuale e per nulla datato. Solo che effettivamente è “troppo” dimostrativo e teorico.
Pensavo di avere capito, Nico, e invece non avevo capito niente. A questo punto mi devi proprio spiegare cosa intendi per cinema elitario e destinato a pochi eletti. Ciao ;-)
KOMMANDOARDITI  29/06/2010 00:57:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Avevo previsto una tua annotazione del genere ma ti ricordo che la mia passione per Ferreri e questo suo capolavoro te l'avevo già confidata qualche giorno fa in privato. Quella mia affermazione sul Cinema come arte popolare la ritengo sempre un principio basilare del mio modo di intendere la Settima Arte (soprattutto in riferimento alle sue origini di puro spettacolo di intrattenimento), però ad una pellicola così estrema, potente, personale ed unica come DILLINGER non posso non riconoscergli lo status di capolavoro. Opera di nicchia, elitaria, ostica per il grosso pubblico....ma non lo sono anche in campo pittorico tutti quei movimenti "informali", dadaisti od astrattisti che tanto fanno sorridere qualcuno ?!?
Quel che io intendo e credo fermamente è che la "astratta" divisione film con messaggio/film senza messaggio (o film di genere/film d'autore, o film popolare/film intellettuale) non deve costituire una discriminante per il valore e l'accettazione dell'opera in se.
Ecco perchè ti ho citato doverosamente Germi, un autore agli antipodi di Ferreri e soprattutto di questo suo film, precisando il fatto che io li consideri entrambi sul medesimo livello (cioè il più alto).
Quello che non digerisco molto è che i cosiddetti Autori/intellettuali/impegnati godano di più onori e glorie rispetto a tutti quei registi che praticano Cinema come pura forma di intrattenimento, senza lanciare particolari messaggi (captabili soltanto dalla solita cerchia ristretta).
Io non credo che Ferreri sia superiore a Germi solo perchè ha un credo ideologico di un certo tipo (moltissimi lo fanno invece) e non credo che Ferreri sia superiore a Bava solo perchè nei suoi film tratta tematiche profonde e con pesanti implicazioni sociologiche e filosofiche (al contrario del secondo, puro artigiano di genere...e che genere !). Per me contano i loro prodotti e la maestria, l'inventiva, l'originalità che in essi ritrovo : altre separazioni non ne applico.


"A questo punto mi devi proprio spiegare cosa intendi per cinema elitario e destinato a pochi eletti".

E' la concezione che il Cinema sia SOLTANTO quello elitario e destinato a pochi quella a cui sono totalmente avverso.
Per me il Cinema è TUTTO , dalla A alla Z, dallo schifo più immondo alla perfezione più cristallina, dall'opera più terra terra a quella più criptica.

Forse mi sono dilungato un po' troppo ma credo di aver reso l'idea.
Del resto hai ragione nel definirmi persona complessa e contraddittoria (sono io il primo ad ammetterlo) ma sulla questione del Cinema popolare non penso di essermi mai contraddetto : tutt'al più mi sarò espresso poco chiaramente , creando fraintendimenti.
Spero stavolta di aver fatto luce sulle mie frasi passate e preciso che il tuo voto l'ho capito ed accettato benissimo.
Come potrei non dare ragione alle motivazioni finali del tuo commento se io per primo le condivido (almeno sotto il profilo della fruibilità).

M'hai fatto svenà...... Ci sentiamo, Luca ;-)
amterme63  29/06/2010 08:45:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie della risposta Nico. Purtroppo ho "sforato" qui a lavoro. Me la leggo con calma stasera. Ciao.
amterme63  29/06/2010 19:41:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Guarda, Nico, hai scritto tutte cose che condivido al 100%. Sono d'accordissimo con te sull'evitare di fare distinzioni artificiose fra i film e gli autori. Ogni film fa storia a sé e ha la sua dignità e il suo significato, magari indiretto. Poi hai detto benissimo tu, quel che conta è "la maestria, l'inventiva, l'originalità". Non potevi usare parole migliori. Bravo Nico!
A risentirci.
oh dae-soo  28/06/2010 00:19:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao Nico, ciao Luca. Vi dico solo che cliccando sul mio profilo in altri "lidi"alla dicitura film preferiti accanto a Shining, Old Boy ho scritto "Dillinger è morto". Vidi questo film per un vecchio esame di critica cinematografica e ne rimasi letteralmente folgorato. Un pò è una mia passione, sia in cinematografia che in letteratura, quella della piccola grande storia di un uomo singolo, la presenza di un forte personaggio maschile e l'analisi delle sue turbe, della sua psicologia etc... (vedi molto Saramago, quasi tutto Kafka e, appunto, i 3 film citati sopra). Trovai questo film perfetto, straordinario, disarmante. Mi riprometto di rivederlo per commentarlo, dato che non mi avventuro in recensioni neanche il giorno dopo la visione, figurati 6,7 anni dopo...
Comunque solito gran commento, a presto.
amterme63  28/06/2010 23:25:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Giuseppe, anche tu mi soprendi veramente. Anche tu sei molto complesso e contraddittorio (e devo dire che questo non è un difetto, anzi è un pregio, perché è una caratteristica delle persone profonde e vitali, certamente le più interessanti).
Tu hai sempre detto che hai un approccio molto emotivo con i film che guardi e non riesco a capire cosa ti abbia emozionato in questo film. L'ho trovato un film decisamente freddo e astratto, quasi matematico.
Degli autori e le opere che mi hai citato ho visto solo Shining e letto qualcosina di Kafka. Ma si tratta di stili completamente differenti da questo film. Kafka ad esempio non rappresentava una teoria ma la faceva vivere ai suoi personaggi. Questi erano coscienti e consapevoli, sentivano, soffrivano e quindi la teoria non era solo dimostrata o espressa a livello astratto e generale, ma era vissuta direttamente e quindi il lettore e lo spettatore stesso se la sentivano sulla propria pelle, nel proprio animo.
Pensa un po' ai film di Antonioni, a quelli di Tarkovskij. Più o meno trattano gli stessi temi di questo film, però lì i personaggi sono coinvolti, vivono e soffrono in prima persona e quindi anche se intellettualmente noi spettatori non sappiamo niente di alienazione, reificazione, riusciamo comunque a toccarle con mano, a sentirle dentro, grazie alle esperienze umane vissute dai personaggi del film.
In "Dillinger è morto" secondo me non c'è analisi, non c'è psicologia perché non c'è espressione. Del protagonista non sappiamo assolutamente niente, non esprime niente, non ci fa sapere niente di niente di quello che gli gira dentro e nella testa. E' come un burattino che esegue certi atti a dimostrazine di una teoria. Siamo noi che deduciamo, non lui che ci trasmette. In questo film c'è quasi esclusivamente succo di cervello e quasi niente di fuoco o di animo.
Io ho capito il film ma non mi ha emozionato, non mi ha coivolto. Ovviamente questa è solo la mia reazione personale.
Sarà poi che a me le teorie nichiliste e fataliste mi hanno sempre lasciato un po' perplesso. Paradossalmente sono molto comode e facili. Intanto scaricano da qualunque responsabilità. Se tutto quello che facciamo è predeterminato e ineluttabile, si può pensare che è inutile agire e darsi da fare, tanto tutto è già segnato e deciso dal fato, dal caso o dalla Norma sopra di noi.
Insomma è una filosofia amara ma in realtà piacevole e comoda perchè ti permette di metterti a sedere da una parte e goderti dall'alto lo spettacolo della distruzione e del dolore, in maniera assolutamente impassibile perché tanto tutto è indifferente, uguale e "non ci si può fare niente".
Mi sento più vicino ai nichilisti e ai disperati che arrivano a questa conclusione dopo avere vissuto, provato, tentato. Anche perché non si sa mai, chi l'ha detto che deve essere per forza così ...
Secondo me vale la pena prendersi responsabilità, crearsele, trasmetterle. Io sono di quelli che non si arrende senza averle tentate tutte.
Scusami Giuseppe ma mi sono sfogato un po'. A risentirci.
oh dae-soo  29/06/2010 00:29:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non c'è un solo rigo in questo commento che non mi sento di condividere. L' affrettatissimo calderone nel quale ho mischiato Kafka e Kubrick, Ferreri e Saramago in realtà andrebbe capovolto e svuotato. Il sottilissimo collante, o per restare in tema culinario, l'olio che poteva un pò legarli tutti rapportandoli A ME era ed è un banalissimo fatto. Io amo le opere in cui ci sia un personaggio maschile che mi stimoli ad indagare la propria psiche. Il modus operandi dell'autore è in questo caso secondario. In "Dillinger è morto" non ho provato alcuna emozione, hai perfettamente ragione, ma sono rimasto affascinato, quasi ipnotizzato, dal comportamento del protagonista, dalla meticolosità, dalla calma, dalla freddezza. Mi sono immedesimato in Piccoli, sentivo un'incredibile atmosfera di presente e futura tragedia, provavo sulla mia pelle l'orrore del nulla, della vita vuota, dei gesti autonomi compiuti da una mente persa chissadove. Non so, sono passati anni, ma ricordo un senso di apnea fortissimo. Finito il film mi chiedevo "cos'ho visto? Dov' è il senso di tutto ciò?". E queste se vuoi, che siano esplicite o no, che diano emozioni o no, sono le domande che accompagnano anche opere degli autori sopracitati. Ferreri in "Dillinger è morto" ha analizzato un uomo, con un occhio freddissimo, ma l'ha fatto.

Ci tengo a dire che odio il nichilismo (per le ragioni da te citate) e sono tutto l'opposto del critico che vuole farsi bello esaltando un'opera così intellettuale. Vidi quel film, e fu il primo di Ferreri. Mi piacque miltissimo ma prima di questa tua recensione non avevo mai sentito riparlarne. Se c'è mai stata un'onda quindi nelle quale viene esaltato, io non l'ho mai cavalcata.

Anche il puerilissimo fatto della preferenza di un'unico personaggio maschile non ha alcun senso. Solo che un giorno, ripensando a film e libri, notai questa coincidenza. Pochissime opere corali, pochissime donne protagoniste. In più sempre una forte carica psicologica, sempre uno scontrarsi con una realtà da interpretare, mai un viaggio dell'eroe (per citare un testo di sceneggiatura) nel quale il protagonista attraverso il superamento di difficoltà arrivi al premio se non in chiave metaforica. Capire, capire, capire il mondo in cui vive, capire quello che gli sta accadendo, capire qualcosa che lui sa che deve capire, questo deve fare il protagonista, che sia Oh Dae-Soo di Old Boy, Tertuliano Maximo de L'uomo duplicato, Jack Torrence di Shining, l'agrimensore K. de Il Castello o Glauco di Dillinger. In molti di questi casi, la pazzia è la diretta conseguenza del non capire o, semplicemente, del non essere a proprio agio, banalissima frase, ma umanamente terribile.

A presto.

P.s: non ho voglia di rileggere, perdonami eventuali errori o sintassi ardite. Ciao!
amterme63  29/06/2010 08:31:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho capito Giuseppe. La tua è l'emozione della "sfida" e della "conoscenza". Bellissima. "Old Boy" non lo conoscevo. Mi hai fatto venire grandissima curiosità. Guardo se lo trovo in biblioteca, altrimenti lo compro. Un saluto e a presto.
KOMMANDOARDITI  29/06/2010 01:08:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A questo punto mi RITOCCA consigliare caldamente ad entrambi l'assoluta visione di un'opera come MANIAC !!!
Vista la smodata passione per "il personaggio unico" di Giuseppe e la voglia di Luca di sperimentare anche cose più estreme e malsane (come confidatomi su Maladolescenza)....beh, questo film fa proprio al caso vostro!
Neanche immaginate quanto ci si potrebbe discutere e ricamare sopra....eddai che mi voglio confrontare su questo film a cui tengo tantissimo... :-D
amterme63  29/06/2010 08:27:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E te lo confermo anche adesso. Non ho alcun pregiudizio e prima di dare un giudizio su qualsiasi film preferisco prima guardarlo. Dopo aver visto e apprezzato un'opera come SALO' posso benissimo vedere anche quella che mi hai consigliato. Anzi, me la sono segnata. Grazie Nico e a risentirci.