caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

I TRE VOLTI DELLA PAURA regia di Mario Bava

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     7 / 10  23/12/2013 05:46:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con questo film mi avvicino per la prima volta ad un'opera di Bava, dopo averlo sentito nominare per diverso tempo uno dei capostipiti dell'horror all'italiana.
Mi son sentito abbastanza in colpa per non aver ancora visto una pellicola del regista sanremese per eccellenza (i cinefili matuziani sarebbero stati molto delusi da me), per cui pur non ispirandomi particolarmente ho deciso di darci un'occhiata.
Che dire, non sono stato deluso; se sulle prime "I Tre Volti della Paura" sembra non creare i presupposti giusti per una pellicola soddisfacente, il ritmo cresce con costanza da inizio a fine pellicola.

"Il telefono" è sicuramente il più debole dei tre, ma Bava gioca bene con gli spazi e soprattutto col gioco di luci ed ombre per creare una microstoria di amore e morte - condita da un innuendo lesbico tra Mary e Rosy.
"I Wurdalak" è il più lungo e forse il più narrativamente interessante; Bava riprende Tolstoj e il suo romanzo breve "La famiglia dei Vurdalak" e tesse una vicenda di forte sapore gotico. A popolarla sono vampiri estranei all'immaginario classico, mutuati dal folklore slavo (scordatevi i canini tanto cari a Stoker e a Bela Lugosi) e "capitanati" dall'icona di Boris Karloff. Mette i brividi la scena del piccolo Ivan che implora la madre di farlo entrare in casa.
E' "La goccia d'acqua" a chiudere la triade di racconti. Certamente il migliore fra i tre e girato magistralmente (per l'epoca), riesce in poco più di venti minuti ad angosciare ancora oggi; atmosfere vittoriane estremamente claustrofobiche circondano l'infermiera Chester ed il suo crimine, ed un'incessante goccia d'acqua le rammenta che non si scherza con il soprannaturale. Poco credibili alcuni dettagli (la finestra che si illumina e si oscura è degna della peggior pièce teatrale), ma molto efficaci altri, come i close-up dei volti storpiati dalla morte.
Una menzione a parte va al finale; Mario Bava riesce con una geniale autoironia a prendersi in giro, svelando un meccanismo filmico di quart'ordine, con Karloff a bordo di un cavallo finto e rami portati in giro a mano per creare l'illusione di movimento.

Purtroppo diversi difetti si fanno sentire, soprattutto a livello di sceneggiatura e di montaggio; manca un fil rouge preciso che unisca i tre episodi, a livello stilistico quanto contenutistico. "Il telefono" stona con gli altri due per l'assenza di una vera e propria vena horror, facendo più il verso ai thriller e ai noir americani anzichè agli stilemi del gotico di fine '800. D'altro canto però manca completamente a "La goccia d'acqua" quella connessione tra amore e morte che sembrava proporsi nei primi due episodi. Dando più compattezza al film Bava avrebbe potuto più facilmente imporre all'industria americana la propria versione mantenendo l'ordine degli episodi (nelle sale statunitensi venne proiettato in maniera diversa, per primo "La goccia d'acqua" e per ultimo "I Wurdalak"). Sarebbero stati da evitare anche alcuni tagli di montaggio imprecisi e musiche a volte ridondanti.
Comunque si tratta di un horror importante per l'epoca (1963), sicuro ispiratore dei thriller/horror successivi firmati Dario Argento e Pupi Avati, e per quanto possa risultare un po' posticcio tanto tempo dopo l'uscita (il 17 novembre scorso facevano 50 anni esatti), c'è da dire che i suoi anni se li porta piuttosto bene.