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I TRE VOLTI DELLA PAURA regia di Mario Bava

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stratoZ     8 / 10  07/12/2023 13:11:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

"I tre volti della paura" ha tanti meriti, diventato ormai un macigno della cultura pop del 900 per aver ispirato nel nome anche una delle band più importanti di sempre è anche uno dei migliori film horror ad episodi che mi sia capitato di vedere, nonché uno dei principali iniziatori di questa "moda" che vedrà la sua maggiore fortuna tra i 60's e i 70's.

Leggero e autoironico, inizia simpaticamente con la mummia Boris Karloff - non tanto in riferimento ad uno dei suoi ruoli più famosi quanto per l'età avanzata - che ci introduce al film, preannunciando agli spettatori le storie di terrore, da lì in poi ho visto i tre episodi quasi come una raccolta antologica di quelli che erano i sottogeneri dell'horror in quel momento, se uno ci pensa bene, ma andiamo per gradi.

Il primo episodio, che definirei quello hitchcockiano, è puramente thriller, narra di questa attraente donna che rientrata in casa riceve delle telefonate minacciose da parte di un voyeur che la sta spiando e sembra molto vicino a lei, insomma avete capito già perché ho parlato di Hitchcock, i riferimenti sono anche troppo palesi, ma non finisce qui, Bava prende spunto oltre che dagli elementi narrativi anche nella costruzione della suspense, il meccanismo è molto simile a quello del thriller classico, lo spettatore sa sempre di più del personaggio, i tempi sono dilatati per far restare lo spettatore sulle spine il più possibile, la regia di Bava regala alcune chicche non da poco negli stretti spazi dell'appartamento, come l'indugiare sul telefono, il suo marchio di fabbrica, ovvero lo zoom a schiaffo e un interessante uso del sonoro con l'invadente trillo del telefono che sembra diventare sempre più sinistro col passare del minutaggio.

Il secondo episodio va a parare su lidi in cui Bava era già stato, potremmo considerarlo la versione cheap di "La maschera del demonio", tra l'horror gotico e il folk horror, collegato alla figura di questi vampiri localmente chiamati "Wurdalak", credo in Russia o comunque nell'europa dell'est. Narra di una famiglia perseguitata dai Wurdalak, col padre partito in viaggio per combatterlo che al ritorno vi è il dubbio sia diventato anch'esso un Wurdalak, anche se secondo me qui la verità è palese fin dall'inizio, probabilmente la fretta nel narrare quest'episodio va a minare la tensione dello stesso.
Se a livello narrativo non brilla, anzi oggi risulta un po' ingenuo, la fotografia colpisce particolarmente, con colori tipicamente pop e anche un po' lisergici, come se si stesse vivendo l'episodio in stato di trance - il cielo notturno addirittura è viola - con un taglio di luci colorate e molto sature che atipicamente si sposa con le scenografie gotiche, vi è anche qualche inquadratura molto suggestiva, come il campo largo della silhouette del padre che torna dalla missione durante la notte, splendido.

L'ultimo episodio, quello più terrificante di tutti, è un horror prettamente demoniaco, in cui la donna di servizio ruba l'anello alla medium appena morta che stava vestendo per le esequie, qui Bava realizza un capolavoro d'atmosfera, girato praticamente tutto in interni tra la barocca scenografia della casa della medium e le preponderanti luci psicotrope fatte di forti contrasti cromatici, ma sfrutta meravigliosamente soprattutto il sonoro, con quella goccia d'acqua come presagio di morte a rimbombare nel silenzio della casa, con la mosca portatrice di sventure a ronzare attorno all'anello incriminato, il racconto è una lezione sull'avidità in cui emerge tutto l'orrore della vendetta, o della maledizione, da parte della figura mistica della medium, indimenticabile e spesso compagno di incubi il volto ghignoso della medium appena morta, fino ad arrivare a quei terrificanti dettagli della mano che spunta nel buio, semplicemente agghiacciante.
Il finale è una piccola chicca che va a svelare un meccanismo metacinematografico e probabilmente una velata critica di Bava al basso budget messo a disposizione per le sue opere, in ogni caso ci ha dimostrato ancora una volta che nonostante gli evidenti limiti di mezzi il cinema è fatto di idee, e lui ne aveva a bizzeffe.