File di registi, italiani e non, si sbracciano e si arrovellano per ritrarre la nostra penisola, riuscendo, nel migliore dei casi, solo a tirarne fuori una caricatura. Ciprì e Maresco, con la dovuta distorsione del filtro grottesco, rappresentano il sud. Il più ostile, isolato, volgare e incivile - nel senso proprio di ignaro della civiltà - sud che, perdiana, esiste. La Palermo in rovina diventa quindi simbolo di tutti quei borghi e ruderi dispersi e lontanissimi dai centri della cultura, dove gli individui non possono che sognare ingenuamente e rinchiudersi nella loro brutalità e ignoranza. Per una buona mezz'ora iniziale ci si scompiscia dalle risate, il realismo del parlato e dei gesti sfonda lo schermo e geniale anche il personaggio che conversa con il regista. L'arrivo dello zio di Brooklyn, che sembrerebbe uno snodo focale della storia dato il titolo, fa abbandonare definitivamente le speranze a chi ricercava una trama o una logica. Solo rutti, scoregge e turpiloquio. Playboy playboy playboy. Certamente !