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TOTO' CHE VISSE DUE VOLTE regia di Daniele Ciprì, Franco Maresco

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addicted     10 / 10  27/04/2011 22:25:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il cinema dei padri di "cinico tv" si presta ad ogni sorta di mistificante incomprensione. Questo accade fatalmente ogni volta che un autore si spinge oltre il consueto orizzonte del medio prodotto cinematografico. Da un film la gran parte degli spettatori si aspetta che racconti una storia, che sia uno spettacolo avvincente. Chi si avvicinerà alle opere di Ciprì e Maresco con queste aspettative non potrà che rimanere deluso, offeso, scandalizzato o semplicemente annoiato. I due siciliani, infatti, sono molto ambiziosi e si muovono in uno spazio più elevato e raffinato. Vengono in mente i nomi altisonanti di Bunuel, Ferreri, Fassbinder, Lynch, Herzog, Pasolini, Bergman, Fellini... Del tutto indifferenti a ciò che il pubblico si aspetta, sono concentrato solo sulla libera espressione di una poetica, di una estetica, di una concezione dell'arte.
Per Ciprì e Maresco l'opera d'arte deve funziona come uno scivolo che ci porta sempre più giù in un abisso. Ogni cosa è privata di senso con una assoluta radicalità e una fredda sistematicità. Il risultato è quasi uno stato di illuminazione. L'abisso del nichilismo più puro ci conduce ad uno stato di pura contemplazione dell'essere. E' l'arte del pensiero debole, della morte di dio, della fine di tutti i sistemi. E' anche un cinema fantastico e apocalittico, che dice qualcosa sulla realtà attraverso la raffigurazione di un altro mondo possibile. A pensarci bene, credo che sia uno dei più interessanti contributi italiani all'arte contemporanea.