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LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO regia di Pupi Avati

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Ciumi     7 / 10  20/05/2010 17:49:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì, la sceneggiatura è spesso poco scorrevole, inciampa in più punti, lascia dietro di sé delle buche; già, e poi troppe porte o finestre che s’aprono da sole, troppe telefonate spaventose, troppe ombre di spettri che passano: certi difetti sono evidenti.
Ma la pellicola di Avati presenta più che un aspetto buono: l’atmosfera innanzitutto, che passa dai volti biechi agli arcani paesaggi: alle mura impregnate di dolorose memorie, alle campagne desolate, alle abitazioni silenziose e fatiscenti, ai quadri delle agonie, alla chiesa deserta, all’affresco che pian piano si svela di particolari, e alla casa dalle finestre che ridono.
Ma non solo; già la suggestione che apre il film, ci parla di un terrore legato alla sofferenza, psichica e carnale: e si fa vaga, com’è vago il bel finale: lì tutti i punti interrogativi lasciati irrisolti durante la narrazione, si dissipano nell’unica, ultima, insanguinata, straziante senza fine, rivelazione cui seguono punti di sospensione.