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DAGON - LA MUTAZIONE DEL MALE regia di Stuart Gordon

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Jolly Roger     7 / 10  13/01/2015 12:05:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Portare H.P. Lovecraft sullo schermo è un'impresa difficile, perché i racconti di quello scrittore hanno una tale peculiarità, sono così lugubri, malsani ed onirici, che mal si prestano ad essere rappresentati graficamente. Le ambientazioni e le suggestioni ideate da quel geniale scrittore sono perfette per essere lette, perché rapiscono totalmente il lettore nell'oscuro mondo dell'ignoto. Tuttavia, le stesse storie rappresentate in un film perdono molto del loro fascino, perché ci privano dell'elemento più forte che hanno i suoi racconti, cioè la capacità di farci viaggiare con l'immaginazione.
Ho letto tutti i racconti di Lovecraft in gioventù e la Maschera di Innsmouth è uno di quelli che mi aveva colpito di più, insieme a Il Colore venuto dallo Spazio e I sogni della Casa Stregata.
Ma il primo mi ha colpito più degli altri.
L'aver visto questo film mi ha fatto venire una voglia matta di rileggere quei racconti, nei quali mi immergevo totalmente fino a non riuscire a staccarmi dal libro.
Chissà che effetto mi farebbero, leggendoli ora a distanza di più di vent'anni…alcuni di loro me li ricordo come agghiaccianti, chissà quanto pesa l'età in cui li ho letti, con tutta la differente suscettibilità che ne deriva…
Comunque. Veniamo al film!
Mi ha sorpreso la straordinaria ambientazione e l'atmosfera in cui sono immersi gli eventi: il paesino di pescatori è rappresentato in modo spietatamente uguale a come me lo ero immaginato ai tempi in cui lessi il racconto di Lovecraft – e me l'ero immaginato in modo così forte da ricordarmelo tutt'ora. L'albergo del paesino, le stradine, il movimento goffo e arrancante dei suoi abitanti….ibridi, dediti a culti ancestrali di cui si è persa memoria nel tempo (per dirla alla Lovecraft ;-)
Il film trae soltanto spunto dal racconto, ma dopo i primi minuti segue una trama sua propria, originale e dotata di un ottimo ritmo. Un soggetto così strano (anzi proprio strambo) ben si presta a sfociare nel ridicolo involontario, tuttavia – secondo me – ciò non accade mai, grazie alla bravura degli sceneggiatori che hanno saputo – nei momenti in cui il film correva maggiormente quel rischio – inserire un briciolo di ironia, strizzando un po' l'occhio allo spettatore, ricordandomi un po' lo stile di Riami (è una mia impressione o, soprattutto nella parte finale, anche la figura del protagonista appare impostata su atteggiamenti molto simili a Bruce Campbell?).
Inoltre, non mancano simpatiche citazioni di altri horror (le facce appese, come nell'"ufficio" del Leatherface) e una scena splatter davvero insostenibile.
Dagon è un horror forse non per tutti, ma i veri amanti dell'horror non potranno esserne delusi.