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LA CITTA' VERRA' DISTRUTTA ALL'ALBA (2010) regia di Breck Eisner

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Invia una mail all'autore del commento pompiere     7 / 10  25/04/2010 18:20:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ogni volta che si approssima l'uscita di una rivisitazione di un buon film ci tremano un po' le gambe, per la paura di assistere a qualche scempiaggine e per la dabbenaggine di certi sceneggiatori hollywoodiani.

Anche nel caso di questa "città" non si possono fare a meno di notare alcune sconsideratezze: primi piani insignificanti che non danno l'impressione di trovarsi in un film dell'orrore, uno sceriffo che evidentemente non ha mai visto nessun film sugli zombie e che non si contagia neppure con le trasfusioni di sangue, e una sceneggiatura che, ondivaga, procede libera e bella senza troppe menate sulla sua plausibilità.
Bisogna essere disposti a chiudere almeno 3 occhi, insomma. Gli attori sono poco attendibili e danno l'idea di essere tanto impreparati che, alla fine, contribuiscono a rendere il tutto un po' frivolo e simpaticamente caciarone.

Eppure questa pellicola possiede uno stile che mantiene alta la suspense. Molto godibili i "virussati" riconoscibili dal fischiettìo della "Mickey mouse club march" come in "Full Metal Jacket" oppure dal cantilenìo della filastrocca di "Giro giro tondo" come in "2001". La regia di Breck Eisner, nel tentativo di rinverdire i fasti dell'originale del 1973, è piuttosto meticolosa e ciò rende il film abbastanza appassionante e conturbante, compatto nelle sue concessioni allo splatter.
Ottime le scene con tanto di forcone grondante sangue che stride a contatto col pavimento, con un carillon melodioso e rassicurante che richiama l'attenzione di uno dei protagonisti, l'angoscia claustrofobica di un autolavaggio-trappola e il buio di una stazione di servizio.

Si insinua nella spettatore la paura di essere in una società dove comandano istituzioni, intese nel valore antigovernativo del termine, pronte a vendere la loro dignità per poco, che non sono in grado di difenderci dalle "contaminazioni" di una collettività ormai irrimediabilmente globalizzata e multirazziale.
Piuttosto riuscito anche il riferimento al nucleare e al militarismo che sembrano essere tornati d'attualità (o forse non sono mai passati di moda), così come la strizzata d'occhio nei confronti di un Grande Fratello invisibile che perseguita le nostre esistenze (qualcuno spia ogni vicissitudine dal satellite e scatta fotografie agli angoli della strada).

Imbroccata alla perfezione la location: lo stato dell'Iowa e la sua piccola cittadina del Midwest con intorno una campagna che da suggestiva e deliziosa si tramuta presto in pericolo e limite di demarcazione è quanto di più terrificante si potesse concepire per creare una situazione di ingannevole ampio respiro.
Lodi al produttore esecutivo George A. Romero, il quale già autore del film del 1973, approva con il suo investimento la bontà di questa confezione.

In ultima analisi, non dimentichiamo che tutti siamo nati matti (leggi i "crazies" del titolo originale). E che qualcuno lo rimane.