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IL COLTELLO NELL'ACQUA regia di Roman Polanski

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amterme63     8 / 10  25/11/2010 22:09:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il primo lungometraggio di Polanski lascia letteralmente a bocca aperta.
Fin dalle prime immagini con i titoli di testa (ombre e riflessi di alberi che scorrono sul parabrezza di un auto in corsa) si ha subito l'impressione di avere a che fare con un regista consumato, esperto e di grande inventiva e non di certo con un ventenne proveniente dalla lontana e "periferica" Polonia. La perfetta maestria tecnica, il controllo certosino di ogni inquadratura, la resa accurata degli spazi e delle atmosfere, la grande eleganza e il fascino dell'immagine sono gli elementi salienti di questo film.
E' evidente il debito con il cinema di Orson Welles. Come il grande artista americano, Polanski entra letteralmente nelle storie che racconta, partecipa alle scene e diventa una specie di attore/spettatore, l'occhio privilegiato che fruga, penetra, si mette a osservare da angoli insoliti nel tentativo di cogliere soprattutto quello che c'è dietro la superficie. Anche la mdp di Polanski come quella di Welles diventa una specie di meta-occhio che cerca soprattutto di penetrare nei personaggi e perciò li scruta da tutte le parti, da tutti i lati.
L'occhio di Polanski è però rispetto a quello di Welles qui meno drammatico, più paziente e più attento ai risvolti e alle sfumature del normale e del banale.
Questo guardare da lati insoliti, a volte poetici e artistici, è la spinta per lo spettatore a partecipare, a sentirsi colpito e coinvolto ed è anche il modo per poter osservare il quotidiano e il banale con altri occhi.
Il film tratta un tema molto diffuso nel cinema europeo di inizi anni '60: cogliere una coppia borghese nella sua normalità abitudinaria per mostrarne le crisi e le irrequietezze, fatte esplodere dal fascino della gioventù libera e scapestrata (vedi i film di Fellini, Losey e Bergman). Questo fa capire quanto poco "polacco" sia Polanski e come sia inserito da subito nel flusso della cultura europea. Soprattutto come se ne freghi di fare cassetta o di ingraziarsi autorità pubbliche. Per lui cinema è libertà espressiva e arte di rappresentare l'animo umano.
Certo, occorre molta pazienza e accondiscendenza, almeno con questo film. "Il coltello nell'acqua" ha un ritmo molto lento ed è in pratica quasi privo di avvenimenti. La suspense è appena accennata, fatta balenare ma mai realizzata, se non nel finale. Ci si deve quindi armare di curiosità e sete di conoscenza psicologica e interiore; giudicare spassionatamente Andrea, Veronica e il ragazzo senza nome per comprendere che i loro tanti difetti sono lo specchio dell'imperfetta natura umana. Nessuno ci fa bella figura, non esistono eroi, solo persone prigioniere chi della noia e della routine, chi dell'incertezza del futuro. Tutti che alla fine cercano un compromesso pratico che li porti comunque a continuare a vivere, un po' come nei film di Bergman.
Comunque dal punto di vista tecnico e visuale è un film meraviglioso. Questo aspetto riscatta ampiamente la staticità della storia e rende l'opera ancora apprezzabile.